dic192021
Il lato oscuro della digitalizzazione
In questo articolo vogliamo parlare in breve di alcuni aspetti fondamentali della digitalizzazione spesso sottovalutati. Principalmente tratteremo del: “digital divide”, dei “7 fenomeni digitali” e del “greenwashing”.
Partiamo con una semplice definizione di cos’è la Digitalizzazione? Per digitalizzazione nei servizi sociali si intende l’integrazione delle tecnologie digitali nella fornitura quotidiana di servizi sociali. L’impatto trasformativo della digitalizzazione sta emergendo solo di recente nella fornitura di servizi sociali, ma gli sviluppi sono sempre più rapidi.
Digital divide invece è il divario che c’è tra chi ha accesso a internet e chi non ce l’ha. Ne deriva una esclusione dai vantaggi della società digitale, con danni socio-economici e culturali per chi ne è colpito. Il digitale sta assumendo un’importanza sempre maggiore per la società. Gli esclusi sono coloro che di solito appartengono alle classi sociali svantaggiate e si trovano a combattere guerre per le disuguaglianze sociali e tecnologiche. La divisione che crea il Digital Divide, è una discriminazione per l’uguaglianza dei diritti che si possono esercitare online grazie alla società digitale e mette in mostra una sempre maggiore disuguaglianza nell’utilizzo delle tecnologie e nel loro accesso. Questa divisione mette in risalto la separazione tra la parte della popolazione che utilizza le tecnologie e la parte della popolazione che non le utilizza. I divari che si vengono a creare con il Digital Divide sono stati classificati in tre tipologie:
- Il divario globale riguarda le differenze tra i paesi più e meno sviluppati.
- Il divario sociale si riferisce alle disuguaglianze che ci sono all’interno di un paese.
- Il divario democratico mette in evidenza le condizioni di partecipazione alla vita sociale e politica, in base all’utilizzo ed al non utilizzo delle tecnologie.
Il divario globale non è solo la possibilità di accedere alle tecnologie, ma soprattutto la qualità e le modalità di accesso. Per questo è il divario più forte in questo momento. Per esempio in Cina, Giappone e Stati Uniti hanno ad oggi più della metà delle connessioni nel mondo. Le categorie che risentono in modo particolare del Digital Divide sono:
- Gli anziani: l’esclusione è causata da un gap generazionale;
- Gli immigrati: l’esclusione è causata da un gap linguistico-culturale;
- I detenuti, i disabili e chi ha un basso livello di istruzione, che non sono in grado di usare in modo consono i dispositivi informatici;
- Le donne inoccupate: l’esclusione è causata da un gap di genere.
Di solito chi ha accesso alle tecnologie digitali proviene da una determinata area geografica e geopolitica, ma ci sono altre caratteristiche legate al sesso, all’età, al reddito ed al livello di educazione. Da alcuni studi si evince che, chi ha il reddito più alto ed un alto grado di scolarizzazione, ha più possibilità di accedere al mondo digitale. Coloro che vivono nei centri urbani più sviluppati, hanno maggiori possibilità rispetto a chi vive nei centri rurali.
Parlando della situazione del Digital divide in Italia possiamo dire che per gli italiani che non sono coperti da una adeguata connessione internet, si parla di un Digital Divide di infrastrutture, invece per gli italiani che scelgono di non avere una connessione si parla di Digital Divide culturale. Entrambe le situazioni creano degli svantaggi, anche se solo una bassa percentuale della popolazione non ha la connessione internet e la copertura ultra larga della banda interessa solo dal 20 % al 40 % della popolazione italiana. Per un futuro prossimo si avrà anche un Digital Divide che riguarderà la mancanza della fibra ottica all’interno delle case, sarà circa del 20% della nazione. Annullare il divario digitale è lo scopo di molte organizzazioni e associazioni internazionali che si occupano di Internet Governance nel mondo. Sono stati riconosciuti quattro cardini su cui basare le possibili soluzioni: la crescita economica, l’uguaglianza economica, un’organizzazione democratica e la mobilità sociale. Alcune delle attività interessate che potrebbero aiutare a ridurre questo divario sono:
- Creare applicazioni e ambienti digitali che portino l’utente ad essere autosufficiente e che lo rendano un partecipante attivo;
- Creare dei percorsi educativi per l’utilizzo di internet e delle altre tecnologie
- Mettere a disposizione dispositivi con accesso alla rete che riescano a soddisfare le esigenze di tutti;
- Mettere a disposizione un servizio internet a prezzi modici e con una buona connessione;
- Avere un supporto tecnico di qualità.
Gli stati devono garantire ai propri cittadini l’uguaglianza delle condizioni economico-sociali e la parità dell’accesso alla rete. Alla nuove generazioni deve essere fornita una giusta istruzione digitale per crescere come cittadini digitali e migliorare l’istruzione delle fasce delle minoranze più vulnerabili.
Riguardo ai 7 fenomeni digitali riprenderò solo alcuni di essi, i quali rappresenteranno i punti più importanti. Partiamo dall ’echo chamber, questa significa letteralmente camera dell’eco ed è l’effetto sotto cui veniamo posti una volta acceso il telefono, il problema è che questo si crea e si rafforza con molta facilità ma non se ne andrà con altrettanta. L’effetto che crea provocherà un senso di chiusura da parte dell’utente non permettendo una vista oggettiva e completa dell’argomento trattato, infatti questa è utilizzata come strategia di marketing verso qualsiasi prodotto, l’obiettivo sarà farci credere che questo sarà l’unico prodotto valido rispetto alla concorrenza. Il secondo aspetto riguarda la negatività, infatti uno studio ha accertato che una cattiva notizia viene considerata il 50% in più rispetto ad una notizia positiva, basti pensare ai video su youtube e alla strategia del clickbait. Il terzo aspetto parla dell’isolamento sociale, ormai la diffusione è inevitabile e cresce esponenzialmente ogni giorno che passa, questo fenomeno è strettamente legato alla ricostruzione d’identità. Entrambe queste azioni porteranno una persona ad estraniarsi dalla società e a ricreare una copia migliore di se stessa online, postando solo i momenti migliori della loro vita. Il vero problema però non riguarda la persona trattata, ovvero colui che crea un profilo irreale, bensì riguarda tutte le persone che visiteranno questo profilo, la visione di una “vita perfetta” e priva di preoccupazioni provocherà un senso di incompletezza e di tristezza nelle persone che lo guarderanno, creando così un effetto depressivo; questo se attuato da tutti gli utenti andrà a creare un circolo vizioso che avrà come unico obiettivo quello di far credere agli altri di avere una vita migliore della loro.
Adesso pensiamo a tutto ciò che abbiamo detto fino ad ora e mettiamo assieme tutti questi aspetti, cosa si verrebbe a creare? La risposta è caos, questo è l’ultimo punto di cui tratterò. Non è facile gestire una società nella quale ognuno può dire la sua, essere aperti a nuove esperienze, a nuove idee e a nuove possibilità dovrebbe rappresentare la normalità mentre nella situazione in cui ci ritroviamo, sembra che l’unica cosa in cui siamo bravi è pensare in modo egoistico, soggettivo e spesso anche a giudicare gli altri con lo scopo unico di offendere. Per concludere vorrei invitare tutti i lettori ad espandere la propria mente, evitiamo di fermarci alla prima considerazione, tiriamo in gioco tutte le possibilità, e, se necessario, fermiamoci a riflettere perché a volte il non fare nulla è la cosa più difficile (Aforisma di Oscar Wilde: Il non fare nulla è la cosa più difficile del mondo, la più difficile e la più intellettuale).
A causa della diffusione sempre più capillare delle tecnologie e di conseguenza della digitalizzazione sono sorti non solo molti vantaggi ma anche nuovi problemi. Per esempio il modo di fare pubblicità ha subito una grande evoluzione: i nuovi sistemi digitali le hanno dato la possibilità di diventare sempre più intelligente attraverso l’uso di algoritmi complessi che permettono di creare contenuti diversi e su misura per ogni utente. Negli ultimi anni gli algoritmi si sono evoluti a tal punto da poter predire con precisione quasi impressionante quelli che sono i nostri gusti, stati d’animo, modi di pensare e inclinazioni (es. politiche). La raccolta di tutti questi dati riguardanti ogni singolo utente permette di avere in mano la chiave per una nuova tipologia di manipolazione di massa, svolta velatamente e in modo quasi impercettibile, che consente a grandi colossi digitali di guadagnare enormi quantità di denaro a scapito delle nostre fragili menti. Le conseguenze di tale strumento si riflettono in importanti cambiamenti a livello sociale, come ad esempio in campo politico o concettuale (es. Greenwashing).
Che cos’è il Greenwashing? Innanzitutto partiamo spiegando il significato di questo termine: ha origine dalla fusione di due parole inglesi brainwashing (lavaggio del cervello) e green (verde). Il nuovo modo di fare pubblicità su misura ha permesso sì di aumentare i guadagni ma con la conseguenza di aver aumentato anche il consumismo. Il modo più efficace per riuscirci non si basa sulla vendita dei prodotti in sé, ma piuttosto sulla vendita e sul inculcazione di nuove ideologie. Ne è un esempio il Greenwashing, che cavalca egregiamente l’onda di preoccupazione diffusa per i cambiamenti climatici e l’inquinamento con l’unico desiderio di fare soldi. Questo ha delle conseguenze molto negative sull’idea generale che le persone hanno delle sostenibilità, infatti, molte aziende utilizzano messaggi fallaci e poco accurati per farci pensare che attraverso l’acquisto di nuovi prodotti più all’avanguardia e eco friendly si possa veramente attuare un cambiamento in meglio per il nostro pianeta.
Daniel Baroni, Demetra Carimb, Dilawar Singh Bola