Green Book

GREEN BOOK


Un viaggio tra pregiudizi e umanità

Il razzismo è un tema che continua a segnare la storia della società e di conseguenza trova spazio nel mondo del cinema. Green Book (2018) è uno degli esempi più toccanti, diretto da Peter Farrelly e vincitore di tre Oscar. Il film racconta il viaggio nel sud degli Stati uniti del pianista afroamericano Don Shirley e del suo autista italoamericano Tony Vallelonga.

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Il contesto storico

Il titolo si riferisce al Green Book, una guida realmente esistita che aiutava le persone nere a trovare alloggi e ristoranti sicuri negli stati segregazionisti del sud degli Stati Uniti.

Negli anni ’60, figure come Martin Luther King stavano guidando proteste civili contro la segregazione e per garantire il diritto di voto agli afroamericani, eventi come la marcia di Washington (1963) e il Civil Rights Act (1964) rappresentavano primi passi per il cambiamento.

Oltre alla segregazione, il contesto storico era segnato da violenze fisiche e psicologiche contro le persone nere. Le aggressioni e gli arresti arbitrari erano strumenti di controllo sociale.

Molte città del sud applicavano il «sundown town rule» ovvero il divieto agli afroamericani di rimanere in città dopo il tramonto, quindi avere una guida come il Green Book non era solo utile ma essenziale per la sopravvivenza.Immagine5

La cultura afroamericana

Nonostante il razzismo, gli afroamericani contribuirono enormemente alla cultura americana, soprattutto nella musica. Artisti neri portarono la loro arte nei teatri e nelle sale da concerto «bianche» ma l’assurdità della loro condizione di vita era evidente: potevano esibirsi davanti a platee di bianchi ma non potevano cenare negli stessi ristoranti o alloggiare negli stessi hotel. Questo è rappresentato nel film attraverso le esperienze di Don Shirley, protagonista del film, un artista di un talento incredibile, che sul palco veniva trattato come un ospite importante ma disprezzato fuori dal teatro.

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Il razzismo nei rapporti umani

Il viaggio tra Tony Vallelonga e Don Shirley è soprattutto un viaggio di trasformazione, infatti all’ inizio Tony dimostra dei pregiudizi razziali, rispecchiando la società dell’epoca ma successivamente il diretto contatto con la cultura e l’umanità del protagonista, portano Tony a mettere in discussione le proprie convinzioni. Questo ci fa notare come il razzismo sia basato sull’ignoranza e come il contatto tra culture permetta di superare questi pregiudizi infondati.

Don Shirley di conseguenza rappresenta la complessità dell’identità nera durante il periodo della segregazione: si sente infatti, intrappolato tra due mondi, troppo bianco per essere accettato nella comunità nera, e troppo nero per integrarsi nella società bianca.

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Critiche e polemiche

Nonostante il grande successo del film, non è stato esente dalle critiche del pubblico. Le critiche principali sono legate al fatto che molti sostengono che il film presenta una visione troppo semplificata del razzismo riducendolo ad una serie di atti di intolleranza; mentre molti critici vedono nel film il fenomeno del «white savior» ovvero quando una persona bianca aiuta ad affrontare le problematiche delle persone che appartengono a minoranze razziali assumendo il ruolo dell’ eroe.

Tra le altre polemiche sul film, emergono quelle della famiglia di Don Shirley che sostengono che i fatti narrati non siano corretti in quanto il pianista e Tony non sono mai stati amici stretti ma a difesa di ciò intervenne il figlio di Tony spiegando che il film, si basa sui racconti del padre.

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Riflessioni e conclusioni

Green Book non offre una soluzione al razzismo ma ci consiglia a riflettere sulla possibilità di cambiamento personale e collettivo. Il cambiamento di idea di Tony ci mostra come il contatto con altre culture e la volontà di mettersi in discussione permetta il superamento dei pregiudizi razzisti.

Il film ci invita a guardare oltre le etichette per conoscere più profondamente chi ci sta davanti, una problematica presente tutt’oggi perciò possiamo dire che il «viaggio» verso l’uguaglianza è ancora in corso.

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In ricordo di Sebastiano

All’inizio di questo anno scolastico abbiamo vissuto un grave lutto che ha coinvolto tutta la classe e alcuni coetanei che frequentano la stessa scuola.
Per rafforzare il ricordo di Sebastiano abbiamo organizzato eventi che commemorassero al meglio la sua mancanza ricordandolo con il sorriso che aveva sempre stampato sul viso. Come prima cosa il giorno del funerale abbiamo organizzato un corteo di moto potendolo così accompagnare al suo luogo di riposo con la più grande passione che aveva. Fortunatamente a questo corteo hanno partecipato tantissimi ragazzi venuti per ricordarlo e per stare vicino ai parenti e cari.

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Inoltre come gruppo classe abbiamo scritto una lettera che ricordasse tutti i momenti passati assieme dentro e fuori scuola. Ringraziamo anche i professori che hanno permesso la scrittura di questa lettera durante le ore di lezione così da poterci concentrare al meglio. Dopo aver elaborato la notizia abbiamo subito iniziato un cartellone da esporre poi in corridoio, su questo cartellone è presente la scritta “Il ricordo del tuo sorriso rimarrà per sempre nei nostri cuori” e adesso và solo ultimato e perfezionato per poi poterlo appendere. Dopo un mese dalla scomparsa abbiamo partecipato alla messa di commemorazione con la presenza di alcuni professori e della dirigente scolastica. Noi compagni di classe abbiamo colto inoltre l’occasione per consegnare la lettera letta al funerale alla famiglia così che potessero leggerla ricordandolo sempre con un sorriso.

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Mercoledì 20 novembre inoltre abbiamo fissato una targhetta in sua memoria sulla pianta su cui appoggiava la moto ogni mattina, così da poterlo ricordare ad ogni arrivo a scuola. Questo lutto ha potuto unire ancora di più il nostro gruppo classe, questa unione inoltre ha permesso di organizzare tutto ciò che è stato fatto fino ad ora. Da questa esperienza abbiamo capito che la vita ha un valore inestimabile e di non rimandare a domani ciò che si può fare oggi al meglio. Segue articolo del giornale di Brescia apparso in ricordo della commemorazione della targa in data 20 novembre.

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La classe 4A

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Secondo posto alle finali nazionali del progetto Tecnicamente

Nel mese di maggio 2024 la nostra squadra ha partecipato al progetto Tecnicamente: un’iniziativa interna alla nostra scuola, dove diversi team di studenti hanno avuto l’opportunità di confrontarsi nella creazione di prodotti innovativi, supportati da aziende esterne e dall’agenzia Adecco. Il nostro team si è classificato al primo posto all’interno del nostro Istituto: risultato che ci ha permesso di avanzare alle finali nazionali.
Il progetto, intitolato Implementazione di un oscurante elettrico per porte finestre nautiche”, realizzato in collaborazione con l’azienda Parema di Ponte S. Marco, è stato particolarmente apprezzato. Quest’innovazione rappresenta una novità assoluta nel mercato mondiale, poiché non esiste attualmente un prodotto simile. Siamo stati convocati il 16 ottobre presso il PYD di Milano per partecipare alle finali nazionali, dove erano presenti otto team selezionati da tutta Italia.

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La giuria, composta da manager di grandi aziende, ha esaminato con attenzione ogni proposta. A Milano, a rappresentare il nostro team, hanno partecipato gli studenti Zaniboni Jacopo e Bagnatica Luca.
Siamo orgogliosi di aver conseguito il secondo posto; un traguardo che ci riempie di soddisfazione. Questo riconoscimento non è solo un premio per il nostro lavoro, ma soprattutto un attestato del nostro impegno e della nostra creatività nel progettare un prodotto che potrebbe realmente rivoluzionare il settore nautico.
L’esperienza vissuta durante questo progetto ci ha fornito competenze preziose che sicuramente saranno utili nel nostro futuro professionale. Abbiamo imparato a progettare e disegnare un prodotto innovativo trasformando idee in realtà, lavorando in team e affrontando sfide reali.
Ringraziamo Adecco Group Italia, in particolare nella persona di Benedetta Permunian, per il supporto fornito. Un grazie speciale va al professor Paolo Rossi che ci ha guidato in questa meravigliosa esperienza. Ringraziamo anche l’azienda Parema e il suo CEO, Paola Padovani, per la disponibilità e l’impegno profusi nella realizzazione del nostro progetto.
Team formato da ex studenti 2023/24
5°A Bagnatica Luca, Gaye Fallou, De Angelis Gabriele, Sterza Federico, Facchetti
Riccardo, Alberti Andrea, Maccabiani Massimo
5°B Napolitano Niccolò
5°M Zaniboni Jacopo, Burgio Santo Andrea
Docente coordinatore Rossi Paolo

Zaniboni Jacopo

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Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Partiamo innanzitutto dall’origine di questa ricorrenza, ovvero il motivo dell’istituzione di essa. Ci troviamo tra gli anni ‘40 e ‘50, nella Repubblica Dominicana, un’isola caraibica, che al tempo dei fatti era una dittatura governata dal generale Rafael Trujillo. Le protagoniste di questa storia sono tre sorelle: Patria, Maria teresa e Minerva Mirabal, chiamate anche “mariposas” cioè “farfalle”.

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Le tre sorelle Mirabal decisero di impegnarsi nell’attivismo politico contro quel regime dittatoriale che promuoveva una cultura machista che non riconosceva alle donne l’occupazione di uno spazio pubblico e politico. Le “mariposas” vennero però messe a tacere da Trujillo, che le fece torturare, assassinare e gettare da un dirupo, usando poi la scusa che si trattasse di un incidente. Il popolo dominicano però non se la bevve, era chiaro che si trattasse di una scusa, infatti Trujillo fu assassinato pochi mesi dopo.
È in ricordo di Patria, Maria Teresa e Minerva che ogni 25 novembre si inaugura un periodo di 16 giorni dedicato all’attivismo contro la violenza di genere, che si conclude il 10 dicembre con la Giornata Internazionale dei diritti Umani. Il simbolo di questa giornata è il colore rosso, più specificatamente le scarpe rosse, che rappresentano tutte quelle donne uccise da uomini, che non potranno mai più indossarle lasciando un vuoto sia nelle scarpe, che nel mondo.

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Ogni anno a scuola, si parla di questa giornata (giustamente direi), e si trattano argomenti in cui tutti hanno pareri discordanti fra di loro, ad esempio l’altro giorno abbiamo discusso in classe di un argomento su cui tutti avevano opinioni diverse.
L’argomento in questione è di come vengono chiamate le donne, spesso con sostantivi sgradevoli e parolacce, o nomi partoriti da un immaginario collettivo maschilista e misogino.
Purtroppo si attribuiscono certi nominativi alle donne, quando basterebbe tacere di fronte a determinate situazioni, senza andare a gravare la situazione. Perché gli uomini che chiamano una donna con appellativi per niente pertinenti, sono solo degli insicuri che parlano per riempire il proprio ego e per alimentare quella voce nella loro testa che gli fa credere di essere superiori alle donne.
La storia è piena di civiltà che avevano ideali misogini e maschilisti, basta pensare all’antica Roma; purtroppo però queste idee non si sono ancora sradicate dalle menti di certi uomini, che credono di essere superiori al genere femminile, solo perché pene-muniti, spesso e volentieri queste convinzioni portano gli uomini a maltrattare le donne, che siano le loro mogli, figlie, madri o amiche. Idee del genere sfociano in molestie, catcalling, o addirittura femminicidi (“Il femminicidio è un omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa da un individuo per motivi basati sul genere.” Fonte: Wikipedia).
I social hanno portato alla nascita di uno dei commenti più frequenti sotto i video, foto o post in generale che riguardassero notizie di femminicidi, maschilismo o quant’altro. Il commento dice “non tutti gli uomini” tradotto dall’inglese “not all men”; spesso si tende a generalizzare soprattutto, e viene detto che tutti gli uomini sono uguali, che sono tutti degli assassini, che non c’è bisogno degli uomini etc…, ovviamente questo genere di commenti è esagerato siccome non tutti noi uomini siamo degli assassini, o molestatori o maniaci, ma comunque allo stesso modo è sbagliato da parte di noi uomini dire che non abbiamo nessuna responsabilità per quanto accaduto ad esempio alla povera Giulia cecchettin, perchè invece abbiamo eccome la responsabilità, anche se non siamo noi Filippo Turetta, la nostra responsabilità è quella di sensibilizzare su certi argomenti, di smetterla di fare finta di nulla, di proteggere le donne che amiamo, di smetterla di fare sempre battute su argomenti del genere, dobbiamo smetterla di trattare la questione come se non fosse un nostro problema, e basta cominciare con poco: basterebbe dire al proprio amico di smetterla di fare commenti inappropriati quando vede una bella ragazza, o di fare battute maschiliste che sminuiscono la donna, perché quelle “battute” sono cat-calling, e non sono cose da poco, possono fare più male dei pugni a volte, quindi bisogna pensarci due volte prima di parlare. E parlo di NOI perché anche se io non faccio, non ho mai fatto, e mai farò certe cose, devo parlare al plurale per far capire che bisogna darci una svegliata, e crescere mentalmente.
Anche perché fa male pensare che non si può essere tranquilli a lasciare la propria madre, la propria sorella o la propria ragazza da sola di notte. Fa male pensare che potrebbe succedere qualcosa alle persone più care che si hanno, senza un apparente motivo, solo per colpa dell’ego di qualche “uomo”, sempre se così si può definire.
Io spero vivamente che col tempo la situazione possa cambiare, ma perché ciò accada serve che in primis noi uomini la smettiamo per una volta di scherzare, e cominciamo a prenderci cura delle donne che amiamo e soprattutto che le proteggiamo da altri “uomini”, che dovrebbero invece non essere nemmeno chiamati tali.

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