Uscita didattica a Brescia – Open arms

Il 6 marzo 2025, io e la mia classe siamo andati in uscita didattica alla città di Brescia. Dopo aver preso il treno, siamo arrivati al nostro punto di destinazione, il Cinema Nuovo Eden, dove abbiamo assistito alla proiezione di un film molto significativo. Prima di entrare al cinema, abbiamo fatto un breve giro per la piazza principale di Brescia, un’opportunità per ammirare la città e prepararci a quello che sarebbe stato un pomeriggio pieno di riflessioni importanti.

Il film che abbiamo visto si intitola Open Arms – La legge del mare. Si tratta di un documentario che racconta le difficili e pericolose operazioni di salvataggio in mare svolte dall’associazione Open Arms, un’organizzazione non governativa che si occupa di salvare le vite dei migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo in cerca di salvezza. Il protagonista del film è un vero soccorritore dell’associazione, il quale ci racconta, tramite la sua esperienza diretta, la realtà drammatica delle operazioni di salvataggio, mostrandoci sia il lato umano che quello operativo della missione.

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La trama del film si concentra sulle operazioni di salvataggio in mare, mostrandoci il lavoro eroico dei soccorritori e le difficoltà che affrontano nel tentativo di salvare le vite delle persone in fuga dalla guerra, dalla povertà e dalle persecuzioni. Attraverso le immagini e le testimonianze di chi è coinvolto in queste missioni, il film ci porta a riflettere sul dramma della migrazione e sull’importanza di una risposta umanitaria e solidale.

Quello che mi ha colpito di più è stato vedere con i miei occhi il coraggio e la sofferenza delle persone in fuga. Spesso sentiamo parlare di immigrazione nei telegiornali, ma è facile dimenticare che dietro ai numeri ci sono esseri umani veri, con emozioni, paure e sogni. Nel film si vede chiaramente quanto sia pericoloso il viaggio e come, invece di trovare aiuto, queste persone spesso si scontrano con l’indifferenza o addirittura con ostacoli che impediscono loro di essere salvate. È assurdo pensare che qualcuno possa voltarsi dall’altra parte davanti a certe situazioni.

Un altro aspetto che mi ha fatto riflettere è la differenza tra chi decide di agire per salvare vite e chi invece cerca di fermare questi salvataggi. Il film ti mette davanti a una domanda scomoda: noi cosa faremmo al loro posto? È facile giudicare quando si è lontani da certi problemi, ma davanti a scene così forti diventa impossibile restare indifferenti. Ti rendi conto che certe cose non dovrebbero nemmeno essere una scelta: aiutare chi è in difficoltà dovrebbe essere un dovere di tuttOpen Armsi.Open ArmsOprn Arms

Dopo la proiezione, un team di italiani ci ha mostrato un video molto forte, in cui si vedevano immagini reali dei salvataggi in mare. Questo filmato mi ha colpito tantissimo, perché mostrava in modo diretto come avvengono i soccorsi e quanto sia complicato e pericoloso il lavoro di chi opera nel Mediterraneo. Si vedevano i volontari recuperare persone in condizioni disperate, cercando di metterle in salvo tra onde enormi e situazioni di panico. È stato un momento davvero intenso, che ha reso tutto ancora più concreto.Open Arms

In conclusione, Open Arms non è solo un film, ma un vero pugno nello stomaco. Ti fa aprire gli occhi su una realtà che spesso preferiamo ignorare e ti fa capire quanto sia importante la solidarietà. È una storia che merita di essere vista, perché parla di umanità, di coraggio e del diritto di ogni persona a essere salvata. Dopo averlo visto, non si può fare a meno di chiedersi cosa possiamo fare noi per cambiare le cose.

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Green Book

GREEN BOOK


Un viaggio tra pregiudizi e umanità

Il razzismo è un tema che continua a segnare la storia della società e di conseguenza trova spazio nel mondo del cinema. Green Book (2018) è uno degli esempi più toccanti, diretto da Peter Farrelly e vincitore di tre Oscar. Il film racconta il viaggio nel sud degli Stati uniti del pianista afroamericano Don Shirley e del suo autista italoamericano Tony Vallelonga.

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Il contesto storico

Il titolo si riferisce al Green Book, una guida realmente esistita che aiutava le persone nere a trovare alloggi e ristoranti sicuri negli stati segregazionisti del sud degli Stati Uniti.

Negli anni ’60, figure come Martin Luther King stavano guidando proteste civili contro la segregazione e per garantire il diritto di voto agli afroamericani, eventi come la marcia di Washington (1963) e il Civil Rights Act (1964) rappresentavano primi passi per il cambiamento.

Oltre alla segregazione, il contesto storico era segnato da violenze fisiche e psicologiche contro le persone nere. Le aggressioni e gli arresti arbitrari erano strumenti di controllo sociale.

Molte città del sud applicavano il «sundown town rule» ovvero il divieto agli afroamericani di rimanere in città dopo il tramonto, quindi avere una guida come il Green Book non era solo utile ma essenziale per la sopravvivenza.Immagine5

La cultura afroamericana

Nonostante il razzismo, gli afroamericani contribuirono enormemente alla cultura americana, soprattutto nella musica. Artisti neri portarono la loro arte nei teatri e nelle sale da concerto «bianche» ma l’assurdità della loro condizione di vita era evidente: potevano esibirsi davanti a platee di bianchi ma non potevano cenare negli stessi ristoranti o alloggiare negli stessi hotel. Questo è rappresentato nel film attraverso le esperienze di Don Shirley, protagonista del film, un artista di un talento incredibile, che sul palco veniva trattato come un ospite importante ma disprezzato fuori dal teatro.

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Il razzismo nei rapporti umani

Il viaggio tra Tony Vallelonga e Don Shirley è soprattutto un viaggio di trasformazione, infatti all’ inizio Tony dimostra dei pregiudizi razziali, rispecchiando la società dell’epoca ma successivamente il diretto contatto con la cultura e l’umanità del protagonista, portano Tony a mettere in discussione le proprie convinzioni. Questo ci fa notare come il razzismo sia basato sull’ignoranza e come il contatto tra culture permetta di superare questi pregiudizi infondati.

Don Shirley di conseguenza rappresenta la complessità dell’identità nera durante il periodo della segregazione: si sente infatti, intrappolato tra due mondi, troppo bianco per essere accettato nella comunità nera, e troppo nero per integrarsi nella società bianca.

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Critiche e polemiche

Nonostante il grande successo del film, non è stato esente dalle critiche del pubblico. Le critiche principali sono legate al fatto che molti sostengono che il film presenta una visione troppo semplificata del razzismo riducendolo ad una serie di atti di intolleranza; mentre molti critici vedono nel film il fenomeno del «white savior» ovvero quando una persona bianca aiuta ad affrontare le problematiche delle persone che appartengono a minoranze razziali assumendo il ruolo dell’ eroe.

Tra le altre polemiche sul film, emergono quelle della famiglia di Don Shirley che sostengono che i fatti narrati non siano corretti in quanto il pianista e Tony non sono mai stati amici stretti ma a difesa di ciò intervenne il figlio di Tony spiegando che il film, si basa sui racconti del padre.

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Riflessioni e conclusioni

Green Book non offre una soluzione al razzismo ma ci consiglia a riflettere sulla possibilità di cambiamento personale e collettivo. Il cambiamento di idea di Tony ci mostra come il contatto con altre culture e la volontà di mettersi in discussione permetta il superamento dei pregiudizi razzisti.

Il film ci invita a guardare oltre le etichette per conoscere più profondamente chi ci sta davanti, una problematica presente tutt’oggi perciò possiamo dire che il «viaggio» verso l’uguaglianza è ancora in corso.

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Uscita didattica per la visione di “Io capitano”

In data mercoledì 7 febbraio 2024 le classi 3ªJT, 3ªF, 3ªB e 4ªG, accompagnate dai docenti Prof. Giovanni Quaini, Prof.ssa Fabiana Sansone, Prof.ssa Maria Camilla Azzini, Prof. Libero Lorenzoni, si sono recati presso “Nuovo Cinema Eden” per la proiezione del film Io capitano”. Di seguito l’articolo scritto dagli studenti Baruffa e Cenedella (3ªB).

“Io Capitano” è un film che narra la storia di due giovani cugini senegalesi, Seydou e Moussa, che sognano di andare in Europa. I due lavorano e risparmiano per pagare il viaggio, e hanno una grande passione per la musica. Seydou è un ragazzo più timido e riservato, Moussa è più audace e intraprendente. Il film parla del loro percorso da Dakar fino alla costa, in cui dovranno affrontare molteplici difficoltà lungo il loro cammino. “Io capitano” è un film che si focalizza principalmente sulle tematiche che riguardano molte persone in Africa che vogliono intraprendere questo viaggio della speranza, per cercare una nuova vita e un nuovo futuro: vengono fatti riferimenti anche altre tematiche come il razzismo oppure la diversità dei paesi africani rispetto a quelli europei. È un viaggio che parte dal Senegal per cercare di trovare una nuova vita in Italia o in Europa, dato che le possibilità nei paesi africani sono decisamente inferiori rispetto a quelle nei nostri paesi europei. La storia di questi due cugini è formata da momenti di gioia e felicità, a momenti di tristezza in cui non sapevano se sarebbero riusciti a completare il viaggio. Tutto questo è stato anche fatto all’insaputa della madre di Seydou, che è stata fondamentale per la crescita del ragazzo data la mancanza del padre: tutto questo per dire che, a volte, l’inseguimento di un sogno è più grande della propria sicurezza e della tranquillità delle persone a cui vogliamo più bene. Un messaggio forte che sicuramente può essere molto utile ai giovani e non solo, un messaggio che definisce le nostre paure e ci dà una soluzione, che può sembrare folle per alcuni, per rispondere a quesiti sulla nostra vita, come la scelta del futuro migliore. Seydou e suo cugino hanno attraversato il deserto per un obiettivo comune e, nonostante tutto, il pensiero di abbandonarsi a vicenda quando c’erano i problemi maggiori, non sfiorava minimamente le loro teste: questa è un’altra dimostrazione della forza di volontà e del significato di fiducia reciproca. “Io capitano” è un film che stupisce perché sono situazioni che avvengono quotidianamente in Africa e in altri paesi, ma questa è una tematica di cui, anche nelle scuole, non si parla molto e, di conseguenza, gli studenti non comprendono queste situazioni. Il regista, Matteo Garrone, è riuscito a far comprendere le vite di persone meno fortunate e contemporaneamente a dare un messaggio di forza e speranza, accompagnando tutto questo con delle immagini molto forti ma significative. Consigliamo vivamente di vedere questo film perché è importante informarsi ma anche capire cosa accade a non molti chilometri da noi, anche perché tutto questo accade ancora oggi e non viene dato il massimo per aiutare persone che cercano un futuro migliore perse stessi e le loro famiglie.

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-Baruffa e Cenedella (3ªB)




Il Miglio Verde

Durante le ultime lezioni del prof. Domenico Marchione abbiamo guardato il film The Green Mile, tradotto Il Miglio Verde, il quale ci ha fatto riflettere sull’inutilità della pena di morte.

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TRAMA

1999, Louisiana. In una casa di riposo, l’anziano Paul Edgecombe scoppia a piangere guardando il film “Cappello a cilindro”. Quando viene interrogato da un’amica sul motivo della sua afflizione, lui inizia a narrarle delle vicende trascorse con John Coffey.

Nel 1935 Paul lavorava presso Il Miglio Verde, nome assegnato al braccio della morte del penitenziario Cold Mountain. La routine del luogo viene un giorno scossa dall’arrivo di John, accusato di aver ucciso due gemelline e per questo condannato alla sedia elettrica. Ma durante il suo soggiorno, John si mostra agli occhi di Paul tutt’altro che uno spietato criminale, sembra invece un uomo dotato di un carattere buono e con incredibili poteri soprannaturali.

Diversi avvenimenti poi, che vedranno coinvolti personaggi come Percy Wetmore, un violento poliziotto, e il criminale Wild Bill, permetteranno a Paul di scoprire la verità sul caso.


TEMATICHE

La tematica principale del film è la pena di morte, rappresentata da diversi punti di vista: c’è chi la vede come una punizione per il crimine commesso (chi presente all’esecuzione), altri come un addio ai detenuti che con la morte espieranno i propri peccati (secondini, sacerdote, etc).

John Coffey vede la morte come una liberazione, e come Gesù Cristo (le iniziali di Jesus Christ coincidono a quelle di John Coffey), prima di morire compie dei miracoli: regalando a Mr Jingles e a Paul una lunga vita.

Il poliziotto Percy, per la sua indole malvagia, vede la morte con divertimento. La scena più eclatante è quella dell’esecuzione di Eduard Delacroix: nella quale dimentica, di proposito, di bagnare la spugna che avrebbe permesso una morte più rapida.

Viene anche trattato il tema del razzismo, per il fatto che al tempo un uomo di colore di bassa condizione sociale non potesse che essere considerato autore del crimine.


COMMENTO

Questo film ci ha fatto riflettere sull’importanza della vita e sulla facilità con cui può essere tolta, quindi portandoci a prendere posizione sull’argomento, anni dopo l’abolizione in Italia, ma non ovunque nel mondo.

A fronte del fatto che con la pena di morte colui che uccide viene a sua volta ucciso dallo Stato, il quale dovrebbe invece mantenere l’ordine, e che non potendo tornare indietro, nel caso successivamente venisse scoperta l’innocenza del condannato, lo Stato si macchierebbe di un crimine imperdonabile.


Elisa Mazza e Alessandro Poli, 1B




Wonder

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In classe abbiamo spesso parlato di quanto sia fondamentale essere uno diverso dall’altro, dell’avere ognuno una propria identita’ ma anche dell’importanza dell’accettare ognuno le proprie diversità e quelle degli altri. Per approfondire meglio l’argomento, il nostro professore ha deciso di farci  vedere il film Wonder che, a differenza del serissimo argomento che tratta, è  un film molto “leggero” e divertente.  È un film che parla del bullismo e di quanto faccia male ma ci viene mostrato anche che c’ è sempre un modo per uscirne; certo può non essere semplice e sembrare quasi impossibile farsi accettare dagli altri per quel che siamo veramente ma bisogna sempre tenere la testa alta e non lasciarsi mai condizionare da coloro i quali vogliono farci dimenticare noi stessi. che i genitori di Auggie gli dicono il suo primo giorno di scuola ed è anche la questa è la frase frase che lo accompagnerà, credo, durante tutto l’anno scolastico perché non l’ho mai visto mollare nonostante tutte le cattiverie dei compagni. Si è fatto dei nuovi amici e insieme a loro è cresciuto. “Se non ti piace quello che vedi, cambia il tuo modo di guardare” è per tutti gli insegnamenti nascosti dietro ad ogni argomento trattato in questo film che mi è piaciuto molto; perché mostra di quanto noi ragazzi abbiamo bisogno di avere al nostro fianco degli amici ma soprattutto i nostri genitori che spesso diamo per scontati ma la cui assenza la sentiamo nonostante il nostro essere “grandi”. Ci fa capire quanto sia importante accettare gli altri ma soprattutto noi stessi…perché nessuno di noi ha bisogno che nella sua vita ci sia un altro critico all’infuori di noi stessi. Siamo noi gli unici a poterci giudicare ma siamo anche gli unici a doverci accettare perché gli altri non vedranno mai oltre a quello che ognuno di noi lascia loro vedere.




A.C.A.B. (All cops are bastard)

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Durante le lezioni di religione, con argomentazione “uso corretto/scorretto dell’autorità’’, abbiamo avuto la possibilità di guardare un film intitolato A.C.A.B.

Nel film  dei poliziotti dei gruppi antisommossa della polizia di stato affrontano dei drammi personali e durante il lavoro, rischiando di sfogarsi durante le sommosse, andando quasi ad uccidere persone, che erano esclusivamente da fermare o arrestare.

Alla fine del film, alcuni di questi poliziotti vengono processati sia per i reati, commessi sia nella vita personali che sul lavoro. Spesso i protagonisti vanno anche fieri di queste azioni “  nel contrastare la violenza ripagandola con la stessa moneta, cioè con metodi duri e poco ortodossi soprattutto con l’uso della forza. Enti che agiscono in questo modo, sfogandosi sul lavoro, non portano rispetto della divisa indossata.

A.C.A.B. è un motto del movimento skinhead inglese degli anni ’70, diventando negli anni un richiamo universale alla guerriglia urbana. Gli scontri tra i manifestanti e agenti sono sempre più aggressivi e i casi di membri di polizia e carabinieri che non svolgono in maniera opportuna, come possiamo rammentare del caso di Stefano Cucchi. Gli scontri ora, come negli anni ’70, non sono solo fisici ma sono anche testuali, dai graffiti ai testi nelle canzoni. Le persone che, comunque, decidono di svolgere questo lavoro, devono accettare e convivere con il fatto che hanno degli obblighi da seguire. Uno di questi obblighi e’ il rispetto dell’ uniforme, gestire le azioni che si compiono e le circostanze in cui avvengono con equilibrio e misura. Gli agenti coinvolti in questi casi devono essere giudicati, tenendo conto anche della situazione delle loro vittime.

Scritto da: Gianluca Stefàno




Selfless

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Non c’è fine senza inizio
In ogni cosa che finisce c’è l’inizio di qualcos’altro. La morte non è in opposizione alla vita e dove c’è la nascita c’è anche la morte perché la vita include tutto questo. Possiamo prendere come citazione la canzone di Cesare Cremonini:“siamo solo di passaggio”.

La paura di morire
La maggior parte delle persone hanno paura di morire perchè si legano soprattutto alle cose materiali dandogli molto peso e trascurano il valore della vita interiore e spirituale.
Pensando che morendo si perde tutto.

Le nuove scoperte scientifiche su come allungare la vita
Negli ultimi tempi la tecnologia a fatto enormi passi in avanti gli scienziati pensano che il segreto sta nelle cellule,infatti in Francia e in Croazia hanno scoperto un processo dove le cellule vengono ringiovanite un’ altra invenzione è l’utilizzo di un composto che rallenta l’invecchiamento detto “elisir di lunga vita”.

La criogenesi
E’ la scienza che permette di ibernare il corpo consentendo la sua conservazione o del solo cervello a costi differenti questo è possibile soltanto post-mortem.
Queste persone sperano che con l’evolversi della scienza in futuro verranno scongelate e riportate in vita,al momento non esiste una tecnica che riporti in vita le persone.
L’argomento è trattato anche in un cartone animato intitolato “Futurama”.

Il valore della sofferenza
Diversamente dalle persone che hanno paura di morire o da chi spera in una vita immortale ed eterna c’è chi prende il valore della vita in un altro modo.
Un esempio è Paolo un uomo che da 13 anni è malato di SLA,inizialmente si è posto le domande che si farebbe chiunque cioè: “perché proprio a me,cosa ho fatto di male”. Ma poi attraverso una riflessione ha pensato che non era una disgrazia ma che era diventato un privilegiato (Dio l’ha scelto).

Riflessione personale
Un nostro parere personale sulla criogenesi è quello che secondo noi la vita va vissuta nel migliore dei modi ma nel tempo che ci viene dato e che non c’è vita senza la morte.
Un altro spunto che si può prendere in considerazione è quello del film “Logan” dove il protagonista è immortale e spiega che vivere in eterno porta soltanto sofferenze perché si perdono continuamente le persone care

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=qjL6CKhWErM

Michele Venturini e Andrea Rezzola




22 Luglio

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LA BANALITA’ DEL MALE

Durante le lezioni con il professor Marchione, abbiamo avuto la possibilità di guardare un film intitolato “22 luglio”, il quale parla di alcuni attentati terroristici architettati e compiuti dal giovane Anders Breivik. In questi attentati sono stati colpiti sia gli edifici governativi di Oslo (capitale norvegese), sia un campo estivo di formazione politica per adolescenti svolto sull’isola di Utoya, nelle vicinanze della capitale. Gli attentati furono commessi il 22 luglio del 2011 ed essi provocarono: otto morti quello di Oslo e sessantanove quello di Utoya, per un totale di 77 vittime.
Il primo attacco consistette nell’esplosione di un’autobomba agli uffici governativi all’incirca alle ore 15, mentre il secondo attacco avvenne meno di 2 ore più tardi, dove Anders Breivik, travestitosi da poliziotto, munito di documenti falsi e con un fucile militare, attaccò i ragazzi presenti al campo, uccidendone 69 e ferendone 110, di cui 55 in condizioni gravi. Questo fu l’attacco più violento avvenuto in Norvegia dalla fine della seconda guerra mondiale. Gli attacchi furono messi in pratica per fermare il partito laburista norvegese e, in particolare, la “decostruzione della cultura norvegese per via dell’apertura all’immigrazione in massa dei musulmani”, citazione dell’attentatore; queste idee presero ispirazione da a un gruppo inglese di estrema destra, l’English Defence League (EDL), da lui ammirato “per come era riuscito a provocare reazioni estreme da parte di gruppi musulmani e di estrema sinistra”, prospettava di creare un suo gruppo con ideali simili. Il gruppo terroristico di cui faceva parte Breivik veniva chiamato “L’ordine dei cavalieri templari”, nonostante ciò, lui venne riconosciuto come unico responsabile.

Dal punto di vista generale, l’imposizione di qualsiasi ideale con la forza non è corretto, in quanto ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero riguardante un concetto politico, o di qualunque altro tipo, il quale deve essere trasmesso, comunque, attraverso una propaganda pacifica, ovvero che non provochi vittime o danni alla società, che sia quindi utile solo per far conoscere la propria idea ad altre persone. Così, in un futuro che potremmo definire “idealistico”, dove la forza della ragione prevale sulla ragione della forza, si potrà realizzare un’amministrazione politica senza danni e morti, dove ogni persona, indipendentemente dal paese nel quale si trova, potrà presentare le sue idee politiche o religiose e di qualunque altro tipo, nel rispetto delle opinioni altrui.

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=3tDssbWRnO0

Articolo realizzato da:
Gianluca Stefàno
Federico Anchieri




In time

In Time IN TIME   Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=4D3rfKEBxuA




Sulla mia pelle

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Il film “Sulla mia pelle” affrontato e visto in classe, tratta principalmente della vicenda riguardante gli ultimi giorni della vita di Stefano Cucchi, un semplice ragazzo di Roma, brutalmente assassinato dai carabinieri della capitale, dopo essere stato fermato per un controllo ordinario ed essere infine accusato di spaccio di stupefacenti davanti ad una corte giudiziaria.
Il tema centrale del film, oltre ad essere quello della morte di questo giovane, è anche quello di cercare di combattere le tematiche riguardanti la morte non dovute per cause naturali; è,infatti, inammissibile, in uno stato di diritto, che qualcuno possa morire, non naturalmente, sopratutto quando è in affido agli organi di pubblica sicurezza, cioè dello Stato.
Nonostante ancora non si sappia chiaramente e in modo preciso cosa successe in quella notte in cui il protagonista del film venne arrestato, sino alla sua morte, possiamo trarre delle conclusioni di tutto ciò; una cosa che possiamo affermare dopo aver guardato il film è, per esempio, il comportamento dei preposti alla Giustizia nei confronti dei carcerati “ordinari”. Stefano, infatti, durante tutta l’udienza che lo coinvolgeva come imputato di un fatto(spaccio) di cui non era stata ancora accertata la sua colpevolezza, fu interrogato senza nemmeno ricevere nessuno sguardo dal giudice; tutto questo può essere riassunto come prova che lo Stato non ci garantisce, con la massima certezza, il principio assoluto che la Legge è “uguale per tutti”.

Un ulteriore aspetto inquietante della vicenda, che avvalla la suddetta tesi e ben ritratto nel film è (come dimostrato da ripetute scene e dai verbali del successivo processo a carico dei carabinieri), il fatto che Cucchi chiese di poter vedere il suo avvocato per cercare di confessare ciò che le guardie, che lo avevano tenuto in custodia, gli avevano provocato, ma purtroppo questa richiesta non gli venne mai concessa. Infine, una delle scene più toccanti a cui si assiste guardando il film è quella in cui si denota l’impossibilità dei genitori del carcerato di riuscire a vedere il figlio, cosa che viene negata più di una volta, con scuse banali e contraddittorie, riuscendoci soltanto nel finale quando lo vedranno sì, ma steso su un lettino autoptico con il viso ed il corpo tumefatto.

Il film lascia molto pensare al mondo in cui viviamo oggi. Ciò che ci induce ogni giorno a vivere normalmente e nel rispetto delle regole può essere in qualunque istante messo in discussione, fino ad arrivare ad ucciderci, proprio come accadde a Stefano Cucchi, morto il 22 ottobre del 2009 a Roma, vittima di coloro che dovrebbero garantirci ogni giorno la sicurezza sociale.

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=5JU5-l7JSBQ