Settimana bianca 2017

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Foto di gruppo al rifugio “Pasò”, l’ultimo giorno

Durante il mese di Gennaio, dal 23 al 27, le classi 3ªC, 3ªE, 4ªA e 4ªB del nostro Istituto hanno avuto la possibilità di partecipare alla settimana bianca, che quest’anno si è svolta ad Aprica, un piccolo comune in provincia di Sondrio. Gli studenti sono partiti verso le 5.30 e dopo due ore di viaggio circa, sono arrivati a destinazione, dove hanno rapidamente preso le camere per poi andare a noleggiare subito gli sci e mettersi in pista. I maestri di sci hanno successivamente diviso tutti quanti in gruppi rispetto alle capacità di ognuno in modo che tutti apprezzassero e sfruttassero al massimo l’occasione di imparare a sciare e divertirsi allo stesso tempo. Dopo le prime due ore giornaliere di sci con maestro e un po’ di sci libero, gli studenti con i professori si ritrovano a mangiare in un bel rifugio proprio in mezzo alle piste. Nel pomeriggio si prosegue a sciare fino alla chiusura degli impianti alle 16.30.

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vista dal rifugio Pasò

Successivamente ci si reca in albergo per potersi riposare dopo la faticosa giornata e, terminata la cena, tutti quelli che volevano hanno avuto la possibilità di fare un giro per il paese fino alle 22.30. I giorni seguenti la colazione era prevista per le 7.30 in albergo e appuntamento alle 9.00 con i maestri sulle piste fino alle 11.00 per poi poter pranzare al rifugio e avere libertà fino alla chiusura degli impianti, avendo la possibilità di scegliere se sciare, stare in albergo oppure fare una nuotata alle piscine comunali. La sera dopo la cena, come il primo giorno si aveva la possibilità di stare in albergo oppure fare un giretto per il paese fermandosi in dei bar o pub.

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il panorama innevato

Penso che il rapporto qualità prezzo è stato ottimale poiché con un budget inferiore ai 300 € ci hanno garantito un hotel più che accettabile più skipass per una settimana e con soli 35 € aggiuntivi per chi ne avesse avuto bisogno si poteva noleggiare l’intera attrezzatura sciistica per i 5 giorni. Inoltre i professori sono riusciti ad ottenere una convenzione al rifugio che ci permetteva di poter pranzare con un primo o un secondo più contorno e bibita a soli 7€. Io che sono uno di quelli che non avevano mai sciato, come molti altri, ero partito con l’intenzione di imparare, e credo di esserci riuscito, non sono divenuto di certo un campione ma ho appreso le basi e credo che sia stato fondamentale per divertirmi tutti i 5 giorni anche se il primo giorno è stato assai faticoso. Inoltre di pomeriggio i professori ci hanno fatto da secondi maestri, scendendo le piste insieme a noi per correggere qualche errore. La piscina comunale è stata utilizzata da pochi anche se, a parer mio, è modo ottimale per riposarsi e riprendersi stando a mollo nell’acqua, facendo qualche vasca o farsi gli scherzi nella piscinetta. Credo inoltre che l’esperienza andrebbe ripetuta nei prossimi anni e riproposta alle 3ª e 4ª future.
Dunque questo viaggio di istruzione è stato molto utile visto che ci ha insegnato e ci ha aiutato a scoprire uno sport che in pochi praticano, è stato molto faticoso per gli orari da rispettare e appunto perché lo sci in se stanca molto, ma è stato soprattutto molto divertente.

Mattia Fort, Conti Luca (3ªC)

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Un gruppetto di noi a quota 2334 m.s.l.




Il suicidio di Lavagna

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Roma, 16 feb – Un ragazzo di Lavagna è intercettato dalla Guardia di Finanza. Gli trovano dell’haschish. Ne fa uso e ne tiene un po’ a casa, verosimilmente per suo uso. Quando gli agenti perquisiscono la casa e trovano questi pochi grammi di droga, lui si getta dalla finestra e muore. Quando leggo questa notizia penso a ciò che sarà detto dalla maggior parte dei giornali, o sarà comunque suggerito: vedete a cosa porta l’inutile e cieca repressione di qualcosa che in fondo non fa male ma è semplicemente espressione di libertà ? In altre parole, ecco a cosa portano gli effetti della Legge Fini-Giovanardi, ecco perché si dovrebbe decriminalizzare l’uso (e la detenzione per uso personale) delle non meglio classificate droghe leggere, sicuramente della cannabis.
A me invece, da medico, viene in mente tutt’altro: quello che vedo professionalmente, sempre più spesso in questi ultimi anni. Un’amica di questo ragazzo, intervistata, accenna che lui parlava ogni tanto di non voler più vivere, appariva depresso. I disturbi dell’umore e l’uso di sostanze (senza alcuna distinzione tra leggere e pesanti) sono due fattori di primo rango che influenzano il rischio di suicidio. In questi casi non è tanto un’idea costante e strutturata, ma anche una facilità a reazioni impulsive, in cui una situazione di per sé rimediabile può avere un impatto tale da suscitare un gesto estremo. Sulla prima parrebbe che il ragazzo si sia ucciso per l’umiliazione e la vergogna, specie di fronte ai genitori, causata dall’intervento delle forze dell’ordine. E invece così non è, se – come si apprende oggi, dagli aggiornamenti – la madre stessa aveva richiesto l’intervento delle forze dell’ordine, come gesto disperato per fermare una situazione di degenerazione personale e familiare. Un tentativo di far cambiare qualcosa, anche a prezzo di un danno immediato (una carcerazione), perché l’alternativa era qualcosa di peggiore: uno stato di intossicazione da cannabis. Molti canapisti si metterebbero a sorridere, o data la tragicità del fatto si arrabbierebbero, perché secondo loro è ridicolo affermare che la cannabis possa portare gravi problemi, figuriamoci un suicidio.
I dati della ricerca, che indicano chiaramente le modificazioni della funzione cerebrale indotte dalla cannabis, per loro non sussistono. O, se sussistono, riguardano una minoranza.
Eppure, una minoranza nutrita, perché le famiglie che chiedono un intervento medico non sono poche, troppe perché questo fenomeno sia considerato “leggero”, anche volendo insistere sulla leggerezza della droga. A chiedere aiuto sono spesso le famiglie, perché i consumatori, sotto effetto dalla cannabis, tipicamente non hanno più una visione empatica della realtà. Riferiscono di essere depressi, o irritati, per colpa dell’ambiente e che la cannabis, per loro, diviene un’ancora di salvezza: li calma, li consola. Invece i familiari vedono tutt’altro: da quando i loro figli la consumano gli studi vanno male, o si sono interrotti; la vita è divenuta improduttiva; i comportamenti anaffettivi, con tendenza all’instabilità umorale, dalla disperazione alla strafottenza, e con indifferenza rispetto ai rischi e  ai danni che si producono, in uno stillicidio continuo. L’unica verità su cui canapisti e non-canapisti sono d’accordo è che il problema della cannabis non è la dipendenza. Non mi pare che il resto, quello di cui abbiamo accennato, possa essere una questione secondaria, meno grave, meno allarmante. Questo caso non è il caso Cucchi.
Non si profila un abuso di potere, una violenza privata fuori dai doveri di rispetto e custodia. Stiamo parlando di una famiglia che, probabilmente dopo aver valutato altre soluzioni, cerca di recuperare il figlio “fermandolo”, senza poter prevedere un incidente di questo tipo. La madre stessa, nell’estremo saluto al figlio, fa riferimento ad un proprio senso di colpa, al “vuoto interiore” del figlio che forse non era stato in grado di capire fino in fondo. Tutt’altro a mio parere. Il “vuoto interiore” è un vuoto tossico, indotto da determinate sostanze, non un errore educativo o una debolezza caratteriale. Se sia una minoranza a correre questi rischi, è irrilevante: una società si preoccupa delle sue minoranze come delle sue maggioranze.
Sognare un mondo in cui questo tipo di sostanze sono “libere”, significa sognare una maggiore libertà di vuoti interiori, di gesti impulsivi, di affetti spezzati. Se c’è una via diversa dal controllo della diffusione delle droghe, ancora nessuno l’ha trovata né proposta.

Matteo Pacini
Leggi su: http://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/il-suicidio-di-lavagna-e-qualche-verita-sulla-cannabis-57685/#Wjwq3zmAzT22yF4D.99




Fondazione AIDO

AIDO

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Autori : Sempreboni Federico 5D
Celletti Mattia 5D

 




Scambio culturale Repubblica Ceca

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Berlino. Credo sia iniziato tutto da lì, dall’esperienza di scambio avuta in seconda superiore. Durante il volo di ritorno dai pochi giorni trascorsi ospite nella famiglia di una sconosciuta coetanea tedesca, già pensavo a quando avrei potuto compiere di nuovo un’esperienza del genere. Mi sono attivato quasi subito per trovare un’associazione che si occupasse di scambi scolastici all’estero ed ho trovato in Intercultura questa opportunità.
L’Associazione promuove e finanzia programmi scolastici internazionali con l’obiettivo di promuovere il dialogo interculturale e contribuire alla costruzione di una nuova educazione alla pace: ogni anno più di 2.000 studenti delle scuole superiori italiane trascorrono un periodo di studio all’estero e quasi 1.000 ragazzi da tutto il mondo vengono accolti nel nostro Paese. Dal suo esordio, Intercultura ha realizzato oltre 60.000 programmi di scambio.
Accedere ai programmi non è stato automatico. I volontari hanno accompagnato me e gli altri candidati attraverso vari gradi di selezione, per cercare di capire quanto era forte e sincera la motivazione che ci spingeva a partecipare.
Da un centinaio circa siamo rimasti ventiquattro.
Nel mese di Febbraio ho ricevuto la comunicazione: avevo vinto una Borsa di studio annuale per la Repubblica Ceca. Era certo finalmente, di lì a pochi mesi sarei partito.
A quel punto io e gli altri ragazzi e ragazze che avevano superato la selezione, abbiamo iniziato il percorso di preparazione. L’aspetto interessante è che gli incontri sono tenuti da ragazzi che hanno già compiuto la loro esperienza all’estero: chi meglio di loro può dire cosa è importante sapere, cosa si deve affrontare e su cosa è necessario riflettere? Una delle cose su cui ricordo abbiamo lavorato molto è stato il concetto di stereotipo e pregiudizio, quello che ognuno di noi prova, anche involontariamente nei confronti degli stranieri in base alla loro nazionalità, per riuscire a comprendere quello di cui noi, in quanto italiani in un paese straniero, avremmo potuto essere vittime.
Ad agosto 2015 sono partito, destinazione Roma. Lì ho incontrato i ragazzi italiani che avevano vinto il mio stesso programma. Il giorno dopo da Fiumicino è iniziata la nostra avventura.
In questo fantastico anno di cui non cambierei una virgola c’è stata la prima famiglia che mi ha accolto e accompagnato per i primi tre mesi, il Gymnázium Boženy Němcové, le pantofole a scuola per non sporcare il pavimento, i compagni di classe che mi portavano alle partite di Hockey, pensare in inglese, i professori che parlavano solo ceco, la solitudine, il Floorball, il corso di lingua ceca, alti e bassi. E poi la mia seconda splendida famiglia, le mie sorelle, Bert il cane di casa, Kami e Jesse, le lunghe camminate, lo sci di fondo, le tradizioni, le festività, la birra, Frisbee, pensare in ceco, le chiacchierate di storia con papà Ondřej, la serenità ma anche la nostalgia, i pacchi dall’Italia. I weekend con i Centri locali di Afs Intercultura, le attività di promozione degli scambi interculturali nelle scuole superiori, belle amicizie, le uscite turistiche con i ragazzi italiani in giro per la repubblica ceca, e poi gite a Berlino, Vienna, Budapest, di nuovo Berlino, Breslavia (Polonia). Ho avuto un inverno infinito, due balli del Diploma, ore e ore di autobus, treno, camminate infinite… e alla fine un emozionante goodbye party.
Il rientro a casa è stato proprio bello, la sera stessa ho avuto una festa di bentornato ed ho incontrato tutte le persone che hanno tifato per me, primi fra tutti i miei genitori.
Ho un po’ di nostalgia degli amici e da quando sono tornato seguo le notizie estere con più attenzione, quello che accade nel mondo oggi ha a che fare con persone che conosco e che significano qualcosa per me. Torno “a casa” a Hradec appena ho qualche giorno di vacanza da scuola ed è sempre una sensazione bellissima.
Quello che questa esperienza mi ha dato lo sto scoprendo un po’ alla volta, man mano che passa il tempo e come si dice in Associazione questa è “una storia che dura tutta la vita” e auguro a chiunque di poterla vivere.
Devo ringraziare il Dirigente Scolastico che ha curato il mio anno all’estero incontrando spesso i miei genitori e tutti i professori della 5F per il tempo che mi hanno dedicato al rientro. Hanno dimostrato una grande fiducia nella mia capacità di recupero e una grande comprensione per il mio iniziale stato di confusione.
Chiudo invitando tutti (ma soprattutto i ragazzi di seconda superiore) a visitare la pagina www.intercultura.it

Francesco Mangiarini

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Dal Pasubio al teatro Jamin-à: come vivere la Prima Guerra Mondiale

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Mostra Escher

Mostra Escher

 Lunedì 19 Dicembre dell’anno corrente, le classi 4^F e 3^H, si sono recate presso il Palazzo Reale di Milano, che ospitava una mostra interamente dedicata a Maurits Cornelis Escher, incisore e grafico olandese.image1

Con oltre 200 opere, il percorso espositivo è un viaggio all’interno dello sviluppo creativo dell’artista, partendo dalla radici della storia dell’arte fino a giungere al Liberty della sua cultura figurativa, soffermandosi particolarmente sul suo amore per Roma e l’Italia ed individuando nel viaggio a l’Alhambra e a Cordova il motivo scatenante del suo interesse per le forme geometriche.

 Quello di Escher è uno sguardo che sa cogliere la realtà del reticolo geometrico posto dietro le cose per poi farne le premesse compositive per realizzare immagini che successivamente chiamerà “interiori”.

 Fulcro della visita è il momento della maturità artistica dell’autore, con i temi della tassellatura, delle superfici riflettenti e degli oggetti impossibili, ricordando opere come “Mano con sfera riflettente” e la “Relatività” (o “Casa di scale”).

Infine, nella mostra è presente una sezione che dimostra quanto l’arte di Escher abbia influenzato la cultura, l’editoria e la musica del 900’: infatti è stata impiegata in fumetti, pubblicità, videoclip musicali e nel mondo cinematografico, scatenando una vera è propria #Eschermania.

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La giornata è poi proseguita con la visita del centro di Milano, allietata dall’ambiente natalizio della città.




Gita scolastica a Ferrara

Il 23 novembre alcune classi del nostro Istituto hanno visitato la meravigliosa città di Ferrara, in occasione della mostra dell’Orlando Furioso intitolata “Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi” presso il palazzo diamanti.

Castello Estense

Castello Estense

Arrivati a Ferrara la prima cosa che è balzata agli occhi è stato l’imponente castello Estense, o di San Michele, costruito nel 1385.
Questo è il monumento più rappresentativo della città di Ferrara, fu costruito come strumento di controllo politico e militare, opera commissionata dall’architetto Bartolino da Novara.
A seguito della visita esterna del Castello Estense abbiamo proseguito la nostra gita attraverso le vie di Ferrara, visionando numerosi monumenti e godendoci la passeggiata anche perché, nonostante fosse Novembre il tempo era veramente mite.
Abbiamo proseguito il nostro cammino verso il ghetto di Ferrara, istituito nel 1627 in una delle zone più antiche della città, poco distante dal centro. Che fu chiuso definitivamente nel 1859.
Dopo la visita mattutina abbiamo avuto del tempo libero da passare in compagnia dei compagni e quindi di visitare la città in ogni sui via e in ogni suo particolare.
Successivamente ci siamo recati verso il Castello che era il nostro punto di incontro con gli insegnanti per poi dirigerci al palazzo dei Diamanti per la visita guidata.
Il palazzo diamanti viene denominato così per l’imponenza e per la sua particolare caratteristica, grazie alla forma dei blocchi di marmo che compongono la sua facciata, fu progettato da Biagio Rossetti e fu costruito a partire dal 1493.
Il palazzo, acquistato dal comune, riserva al pianterreno spazi adibiti ad importanti esposizioni temporanee, organizzate da Ferrara Arte e dalla Galleria di Arte moderna e contemporanea, al primo piano viene ospitata la Pinacoteca dove viene conservata una collezione di eccezionale valore.

Visita Guidata

Visita Guidata

Iniziata la visita guidata all’interno del palazzo abbiamo potuto ammirare numerose
opere di inestimabile valore provenienti da molt musei sia italiani che internazionali.

Cosa vedeva Ludovico Ariosto quando chiudeva gli occhi?
Quali immagini affollavano la sua mente mentre componeva il poema che ha segnato il Rinascimento italiano?
Quali opere d’arte furono le muse del suo immaginario?

Queste erano le domande a cui la mostra organizzata dalla fondazione Ferrara Arte ha cercato di dare una risposta celebrando i cinquecento anni della prima edizione dell’Orlando Furioso, stampato nel 1516, uno dei capolavori assoluti della letteratura rinascimentale che da subito suscitò il clamore dei lettori italiani e non solo.
Al termine della visita ci siamo recati al punto di partenza dove ci aspettava l’autobus per il ritorno a casa.

Riccardo de Franciscis, classe 4E.

Foto di gruppo

Foto di gruppo durante la visita della città




Monte Pasubio – 2016

Percorso delle 52 gallerie

Percorso delle 52 gallerie

Sono ormai immagini lontane quelle di eroi che la storia l’han fatta, che la storia l’han subita sulla loro pelle, che hanno dato la loro vita per seguire un ideale, ed è triste pensare che la società di oggi, non abbia né il tempo,
né la voglia di fermarsi a ricordare. Il 24 ottobre, ho avuto l’opportunità di partecipare ad una passeggiata in questa storia, una gita lungo le strade ed i luoghi del Pasubio, spoglio teatro di antiche atrocità, sacrifici e privazioni. Il mio non vuole essere uno scritto su cosa abbiamo fatto, ma un documento che provi a descrivere le emozioni, davvero forti che abbiamo vissuto.

Percorso delle 52 gallerie

Percorso delle 52 gallerie

Camminare tra saliscendi continui, percorsi da italiani come noi un secolo prima, in una spessa nebbia che quasi incurante di noi copriva solennemente quello che ora è sacro, ha destato in noi uno spirito di orazione, verso questo spoglio luogo, privo di piante e circondato dalle nuvole, quasi come fosse un altare che s’allunga verso il cielo, dove sacrifici furono offerti in quel lontano tempo, così distante dai nostri pensieri, ma così vivo sotto i nostri occhi. Qui, su questo monte, sembra che il tempo non voglia passare, inorridito dalle morti di quei giovani che come una padre sconvolto piange al capezzale dei suoi figli, chiedendosi come tutto questo sia potuto accadere.

Cima Pasubio

Monte Pasubio

Non è descrivibile a parole ciò che si prova camminando tra resti di filo spinato, vecchi proiettili, rottami di latte. Sono emozioni che pur riempiendo la mente lasciano un vuoto nel cuore, un vuoto che per rispetto, compassione per chi ha perso la vita, non si colma, e che non può esser dimenticato, ma solo posto in un angolo, a svolgere però la funzione di monito costante, per noi che la guerra non sappiamo che cosa sia, affinché la si possa sempre evitare. Il resto vale tanto come una guida turistica, ciò che conta davvero son le emozioni che restano.

Maestri Andrea (classe 5ªB)

Monte Palon

Cima Palon




Escursione ciclistica classi quarte

Nella giornata di giovedì 17 Novembre 2016 noi studenti delle classi 4ªA, 4ªB e 4ªC dell’IIS “Luigi Cerebotani” di Lonato, accompagnati dai docenti proff. Bandera, Marchione, Migliorati e Guerra e dal sig. Giancarlo Masini, campione olimpico alle recenti paralimpiadi di Rio de Janeiro, abbiamo effettuato un’uscita didattica in bicicletta.
Alle ore 08:00 circa ci siamo recati presso il palazzetto dello sport di Lonato, tutti muniti di bicicletta (la maggior parte di mountain-bike) ed attrezzati per affrontare il percorso che ci avrebbe portato sulle colline moreniche del Garda.

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Professori presenti nell’attività

All'arrivo ai laghi di Sovenigo

All’arrivo ai laghi di Sovenigo

Intorno alle 08:30 siamo partiti ed eravamo circa una quarantina. Le condizioni del tempo erano da “clima autunnale” con un po’ di foschia che non ci ha permesso, purtroppo, di godere della bella vista dei paesaggi che abbiamo attraversato. Lungo il tragitto abbiamo effettuato alcune soste per permetterci di “riprendere fiato” dato che il percorso non era particolarmente facile, soprattutto per noi ragazzi che non siamo abituati a percorrere distanze impegnative. Dopo circa due ore ed un quarto siamo giunti alla meta stabilita: i laghetti di Sovenigo.

Lì abbiamo consumato un breve spuntino per poi ripartire e rientrare a Lonato dove siamo giunti, divisi in due gruppi, intorno alle ore 13:00, con alle spalle 42 chilometri percorsi in bicicletta.
Sono sicuro che per tutti i partecipanti sia stata un’esperienza positiva ed un’uscita didattica molto molto diversa da quelle a cui siamo abituati. Quasi certamente verrà riproposta la prossima primavera.

Elia Solazzi e Davide Bondioli (classe 4ªA)

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Il gruppo al completo




Laboratorio musicale ACLE “POP MUSIC ‘N CULTURE”

Nei giorni 2 aprile, 30 e 31 maggio 2016 l’istituto ha ospitato due insegnanti di

madrelingua inglese che hanno coinvolto studenti del biennio e della classe 3K in

laboratori musicali.

Questo progetto è nato con lo scopo di avvicinare i ragazzi alla lingua inglese, spesso

considerata ostica e inutile.

Con l’ausilio di una chitarra e di video, Karl Lavo (dalla Nuova Zelanda) e Lara

Greenfield (dall’Inghilterra) hanno invece saputo interagire con gli studenti che hanno

analizzato i testi delle canzoni più famose parlando e cantando in inglese.

Al termine dei laboratori gli alunni sono stati entusiasti e hanno già chiesto di poter

organizzare questa iniziativa anche il prossimo anno scolastico.

 

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La referente del progetto

Sandra Falcone