La Forza del Rispetto: Riflessioni sulla Violenza di Genere e il Ruolo della Comunità

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L’evento “In nome loro”, che abbiamo avuto l’opportunità di vivere il 3 novembre, organizzato dall’Università degli Studi di Brescia, non è stato semplicemente una conferenza o un incontro informativo, ma un’esperienza che ha toccato profondamente ciascuno di noi. Le parole di Gino Cecchettin, colpite dal dolore di una tragedia personale, hanno risuonato come un grido di consapevolezza e responsabilità. Un grido che ha fatto luce su una realtà difficile da affrontare ma impossibile da ignorare: la violenza di genere. La sua testimonianza ci ha mostrato quanto spesso questo fenomeno si nasconda tra le pieghe della quotidianità, mascherato da gesti che, all’apparenza, sembrano espressioni di affetto o preoccupazione. Ma il controllo, l’isolamento, le parole degradanti e il possesso non sono amore. Il suo intervento ci ha fatto riflettere su come la violenza possa radicarsi lentamente, quasi inosservata, in una relazione che un giorno può rivelarsi devastante.

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Uno degli aspetti più toccanti del suo racconto è stato proprio il modo in cui ha sottolineato la fragilità del confine tra una relazione sana e una che si trasforma in un incubo. Il dolore che ha vissuto, il lutto per una perdita insostenibile, non solo ha dato una dimensione umana e concreta al tema della violenza di genere, ma ci ha fatto capire che la violenza non è mai una “soluzione”. Non è una risposta all’amore, ma una perversione di esso. È un atto che distrugge, che uccide l’anima e il corpo di chi ne è vittima. Gino Cecchettin ci ha chiesto di non restare indifferenti, di non voltare lo sguardo, di non giustificare mai il comportamento violento, nemmeno quando si maschera dietro pretesti come “l’amore” o “la gelosia”. La sua esperienza, sebbene tragica, ci ha dato una lezione di speranza e di lotta per il cambiamento. Un cambiamento che possiamo promuovere iniziando dal nostro comportamento quotidiano.

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Le sue parole ci hanno fatto comprendere che il problema non è circoscritto a situazioni isolate, ma è un fenomeno che coinvolge tutti noi, ognuno a suo modo. Anche noi giovani abbiamo una grande responsabilità. La violenza di genere non è una questione che riguarda solo le vittime o le forze dell’ordine; ci riguarda tutti, nel nostro ruolo di amici, parenti, compagni di scuola e cittadini. La violenza inizia con piccoli segnali, spesso impercettibili, che se ignorati possono crescere e diventare devastanti. Possiamo, come individui, educare noi stessi e gli altri al rispetto. Possiamo intervenire quando vediamo comportamenti preoccupanti, anche se farlo richiede coraggio. E se la violenza è anche una questione di cultura, come ci insegna Gino Cecchettin, allora la cultura del rispetto deve cominciare fin da giovani.

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Questa esperienza mi ha portato a riflettere sull’importanza del ruolo della scuola, della famiglia e delle istituzioni. La scuola non deve solo trasmettere conoscenze teoriche, ma deve diventare un luogo di educazione al rispetto e alla consapevolezza. Un luogo in cui si imparano le emozioni, le relazioni, il dialogo sano. L’informazione è uno strumento potente, e la scuola deve essere il primo posto dove giovani e giovanissimi possano confrontarsi su temi delicati come la violenza di genere, imparando a riconoscerne i segni e a difendersi. La famiglia, dal canto suo, ha la responsabilità di educare all’empatia, alla comprensione, all’ascolto, elementi essenziali per costruire relazioni basate sul rispetto reciproco. Le istituzioni, infine, devono essere pronte a intervenire, a offrire supporto concreto a chi è vulnerabile, a garantire una rete di protezione per chi sta subendo violenza. Non basta più, come spesso accade, limitarsi alla denuncia dei casi di violenza, ma è necessario investire in prevenzione, formazione e supporto psicologico.

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La violenza sulle donne, purtroppo, è una realtà che non riguarda solo storie lontane, ma è una piaga che affligge anche la nostra realtà quotidiana. Negli ultimi anni, infatti, sono stati molti i casi di cronaca che hanno coinvolto la Lombardia, e in particolare le province di Brescia e Bergamo, confermando una tendenza preoccupante. La tragica morte di Maria, avvenuta solo qualche mese fa a Brescia, è uno degli episodi più drammatici che hanno segnato la nostra comunità. Maria era una donna di 42 anni che, dopo anni di soprusi, è stata uccisa dal compagno, che non accettava la sua decisione di separarsi. La vicenda ha sconvolto la città, mostrando come la violenza possa radicarsi in un contesto che sembra “normale” fino a quando non esplode in un atto di violenza inarrestabile.

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Pochi mesi prima, sempre a Brescia, un altro caso ha attirato l’attenzione delle autorità: una giovane donna di 30 anni è stata aggredita dal partner durante una discussione. La situazione è degenerate fino a un intervento dei carabinieri che ha impedito una tragedia ancora maggiore. La vittima, che aveva denunciato precedentemente l’uomo, è stata costretta a vivere sotto protezione. Questi episodi, purtroppo, sono solo la punta dell’iceberg, e sono emblema di una violenza silenziosa che colpisce spesso nel cuore delle nostre città. Nel Bergamasco, il fenomeno non è meno grave. Solo lo scorso anno sono aumentati i casi di stalking e di aggressioni fisiche all’interno di relazioni che all’inizio sembravano sane e affettuose. La rete di protezione per le donne vittime di violenza è ancora troppo debole, e se non si interviene tempestivamente, i danni psicologici e fisici possono rivelarsi irreparabili. Questi episodi sono un campanello d’allarme che dobbiamo ascoltare, affinché non diventino il triste leitmotiv delle nostre cronache quotidiane.

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Questa esperienza, però, mi ha anche dato una consapevolezza: non dobbiamo più accettare passivamente la violenza come parte della nostra realtà. Se ogni giorno scegliamo di agire, di parlare, di denunciare, possiamo davvero sperare in un futuro migliore. La lotta contro la violenza di genere è una lotta di tutti. È una sfida che ci riguarda direttamente e che dobbiamo affrontare con la convinzione che solo attraverso il rispetto, la sensibilizzazione e la solidarietà possiamo sperare di costruire una società più giusta e più umana. Ogni piccolo gesto, ogni parola, ogni azione che compiamo può fare la differenza. Non possiamo più permetterci di restare in silenzio. È tempo di cambiare le regole del gioco e di farlo insieme, per un futuro dove nessuno sia costretto a vivere nel terrore o nella sofferenza.

Moran Silvestri 5B




Conferenza del 4 Novembre

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Il 4 novembre, in occasione della celebrazione del Giorno dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, si è tenuta presso l’Aula Magna dell’Istituto una conferenza dedicata al valore storico e civile di questa importante ricorrenza.
L’incontro ha visto come relatore Morando Perini, già sindaco di Lonato e vicepresidente provinciale dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci della Prima Guerra Mondiale.

Nel corso dell’intervento, Perini ha ripercorso le origini e le cause che portarono allo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914, spiegando come essa nacque da forti tensioni politiche, economiche e territoriali tra le maggiori potenze europee.
L’Italia, pur aderendo formalmente alla Triplice Alleanza con Germania e Austria-Ungheria, decise inizialmente di non prendere parte al conflitto, in quanto l’accordo aveva scopi difensivi e la guerra era stata avviata dagli alleati.
Soltanto l’anno successivo, nel 1915, dopo la firma del Patto di Londra, il nostro Paese entrò in guerra al fianco dell’Intesa, opponendosi così all’Austria-Ungheria.

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Una parte particolarmente toccante della conferenza è stata dedicata alla figura del Milite Ignoto, simbolo di tutti i soldati italiani caduti senza nome.
Il relatore ha ricordato che quel giovane, scelto tra tanti, rappresenta idealmente ogni combattente che perse la vita senza essere riconosciuto, costretto a una guerra che non aveva cercato e lontano dagli affetti familiari.

La sua sepoltura, collocata all’Altare della Patria a Roma, è realizzata in marmo di Botticino, proveniente dalla provincia di Brescia.
È stato inoltre citato l’esempio di Luigi Gallina, un soldato ventottenne caduto in battaglia, il cui nome figura tra quelli presi in considerazione per la scelta del Milite Ignoto, a testimonianza del sacrificio di tanti giovani senza volto.

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Nelle sue riflessioni conclusive, Perini ha voluto rimarcare come il 4 novembre non debba essere visto soltanto come un momento celebrativo, ma anche come un’occasione per meditare sui valori della pace, dell’unità e della libertà.
Attraverso episodi e testimonianze, ha messo in luce il profondo legame tra memoria storica e responsabilità civica, ricordando che le conquiste e i diritti di cui oggi godiamo sono il risultato del coraggio e della dedizione di chi ha combattuto per la patria.
La conferenza si è rivelata un’importante occasione di crescita civile e culturale, capace di rinnovare il senso di riconoscenza verso i caduti e di rafforzare nei giovani l’impegno a custodire la pace come bene supremo e fondamento di ogni società democratica.

Naghib Matteo, 5ªCD 




Come i ragazzi dell’istituto Cerebotani di Lonato hanno cominciato la scalata dell’imprenditorialità che vince

Quattro studenti, alle luci della ribalta, che mostrano una targa, il loro premio.

Quattro ragazzi della 4a JT che sono fieri dell’apprezzamento che ricevono e che condividono il loro orgoglio con quello di tutto il Cerebotani.

Sono fieri perché hanno vinto: hanno avuto infatti un’idea originale, quella di creare Airsafe, il purificatore d’aria portatile per un ambiente fresco e pulito che ti segue ovunque tu vada. Dall’intuizione alla discussione alla progettazione di un oggetto semplice, ma estremamente utile e alla portata di tutti.

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Sodalitas è l’ente che consegna il premio. È un’associazione che da trent’anni gira tra le scuole, promuovendo seminari dal titolo “La mia impresa, il mio futuro” per fare formazione, per spiegare ai ragazzi cosa è un’impresa, come funziona e qual è la strategia vincente per realizzarne una di successo. Punta soprattutto sulle start-up, alla ricerca degli inventori di domani, sulla creatività e sulla determinazione delle giovani generazioni. Manda imprenditori ed esperti del mercato per istruire, dialogare con i ragazzi, per stimolarli, incoraggiarli, sostenerli nelle loro idee. Poi propone laboratori pratici e i ragazzi hanno la possibilità così di passare dalla teoria alla pratica, di mettersi in gioco, di dire la propria.

Quest’anno, a. s. 2024/25, Sodalitas è approdata al Cerebotani di Lonato e, su iniziativa della prof.ssa Redaelli, la 4a JT ha aderito al progetto nell’ambito dell’Orientamento di Istituto. La classe è stata divisa in gruppi e ogni gruppo ha elaborato la sua start- up, la sua idea innovativa, con un occhio sull’utilità di quanto progettato e con l’altro sulla sostenibilità ambientale. Ma è stato il prodotto di Lorenzo, Cristian, Elia, William quello che ha convinto di più. Il loro Airsafe, il purificatore d’aria portatile dal design pratico e compatto, progettato in 3D.

Tra 2600 partecipanti, 472 progetti di impresa, 42 finalisti, Airsafe si è collocato tra i 25 premiati, unico in tutta la provincia di Brescia. Così, i nostri ragazzi sono andati a Varese, il 27 maggio, accompagnati dalla prof.ssa Redaelli, presso la Villa Napoleonica, a ritirare il loro meritato premio.

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“Come avete lavorato ragazzi? Vi siete trovati bene in gruppo o avete riscontrato qualche criticità?”- chiede il presentatore nella sua breve intervista ai vincitori.

La risposta è pronta, immediata.

“No, nessuna criticità, ci siamo trovati molto bene. Il progetto di Sodalitas è stato davvero piacevole e interessante e sicuramente sarà utile per il nostro futuro”.

Sorridono gli organizzatori, applaude tutta la platea.

Grazie, ragazzi. Ottimo lavoro, davvero.

Grazie da parte di tutto il Cerebotani.

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Vivere in sicurezza

Nella mattinata di venerdì 6 giugno 2025, gli studenti delle classi 3A-MEC, 3B-MEC, 3D- AUT e 3H-INF, presso l’Aula Magna del nostro Istituto, hanno partecipato all’incontro Vivere in sicurezza, promosso dal Dipartimento di IRC (Religione Cattolica), nell’ambito del percorso di Educazione Civica e di Orientamento/PCTO.

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L’obiettivo dell’incontro è stato di sensibilizzare gli studenti sui mezzi, sui materiali, le organizzazioni votate alla sicurezza ed al primo soccorso. Le classi coinvolte, giovedì 6 marzo 2025, avevano assistito al film Open Arms. La legge del mare (Cinema “Nuovo Eden”, Brescia), e sentito la testimonianza di alcuni volontari italiani legati all’ONG Mediterranea Saving Humans. La classe 3A-MEC ha presentato diversi progetti: un modellino di un drone, progettato e costruito da alcuni studenti della classe, per il soccorso in situazioni catastrofiche; un video “fatto in casa” su come equipaggiarsi correttamente quando si usa la moto o si fa motocross; un video sui cani cinofili ed il loro intervento in caso di pericolo. Inoltre la 3D-AUT ha spiegato nei dettagli l’uso dei droni, la loro componentistica, specificatamente, per il soccorso in mare.7

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Successivamente la 3B-MEC ha presentato un piccolo defibrillatore, realizzato dagli stessi studenti a scuola. Infine la 3H-INF ha rielaborato tutta l’esperienza fatta in quella importante giornata a Brescia attraverso alcune presentazioni multimediali dove, partendo da Tommaso, è stata raccontata una riflessione che dura ormai da alcuni mesi con la classe ed ha portato ad un continuo approfondimento, come si è visto nelle narrazioni della “vera” storia di Open Arms da parte di Tijana ed Alessandro; Lorenzo invece ha fatto un parallelo molto interessante con la sua esperienza estiva a Lampedusa ed il docufilm Cutro, Calabria, Italia (Calabria Film Commission, 2024), mentre Davide ha concluso parlando della prematura scomparsa di Seba, un nostro studente deceduto in autunno per le conseguenze di un tragico incidente in moto, ricordandoci che non dobbiamo mai essere indifferenti davanti alla morte, soprattutto non dobbiamo dimenticare che tra le centinaia di cadaveri recuperati in mare, o sulle nostre spiagge, ci sono anche tanti giovani che cercano un futuro migliore, proprio come noi.

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Si è percepito in tutti un desiderio comune di vivere Responsabilmente, verso se stessi e verso gli altri e di prendere la vita come una Missione, capace di avere uno sguardo e una mano rivolta a chi si trova nel bisogno. Tutti, durante l’incontro, hanno riscontrato interesse e partecipazione, con la viva speranza che in futuro si realizzino “Progetti scolastici” finalizzati alla formazione pratica e culturale dei nostri ragazzi verso il sociale (ad es. nella Protezione Civile).

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Premiazioni “Volo tra le righe” a.s. 2024/2025

È diventata ormai una buona consuetudine, che dura da ben nove edizioni, la partecipazione del nostro Istituto al concorso letterario “Il volo tra le righe”.

La gara, indetta dalla biblioteca di Castiglione delle Stiviere, premia giovani lettrici e giovani lettori allo scopo di promuovere la lettura tra i ragazzi tra i 14 e i 19 anni.

Si tratta di un concorso che si è evoluto nel tempo e che attualmente prevede cinque categorie espressive: il disegno, l’elaborato scritto, il podcast, la playlist e il booktrailer, con un montepremi in buoni acquisto di Euro 1000.

Gli studenti del Cerebotani anche quest’anno hanno fatto incetta di premi, vincendo ben tre delle cinque categorie in concorso, per un totale di 600 euro. I vincitori sono Nicola Togni e Davide Leonesio (3ª B – indirizzo meccanico) per la categoria del disegno; Oscar Panizzon (5ª DI – indirizzo informatico) per la categoria dell’elaborato scritto; Luciano Duceac e Jacopo Scharrer (5ª DI – indirizzo informatico) per la categoria della playlist.

Alla cerimonia di premiazione svoltasi venerdì 30 maggio presso la sala conferenze della Biblioteca di Castiglione delle Stiviere, era presente anche la nostra dirigente scolastica dott.ssa Tecla Gaio che si è complimentata per l’ottimo lavoro svolto dagli studenti del nostro Istituto e ha ribadito l’importanza della lettura nella formazione dei giovani, anche negli indirizzi degli Istituti tecnici. La lettura, infatti, non solo arricchisce le capacità lessicali e di scrittura, ma stimola il pensiero critico e le competenze in ogni ambito professionale.

Prof.ssa Miria Dal Zovo

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Dal buio alla luce: la testimonianza di Mirko Boletti e la nostra riflessione sulle dipendenze

L’incontro in Aula Magna con Mirko Boletti non è stato un semplice evento scolastico. È stato un pugno allo stomaco, un momento vero, forte, capace di scuotere le coscienze. Ci ha raccontato la sua esperienza diretta con il mondo delle dipendenze, partendo dal suo vissuto di dolore, rabbia e autodistruzione fino ad arrivare a una rinascita sorprendente.

Mirko ci ha raccontato la sua infanzia difficile: un padre assente, infedele e pieno di debiti, una madre che lottava per tenere in piedi la famiglia. Dentro di lui cresceva un vuoto, un rancore verso Dio e verso il mondo. Questo lo ha portato a diventare un bullo, a cercare nel potere, nell’alcol e nella droga una via di fuga dal dolore. Ha iniziato anche a spacciare, a compiere rapine, convinto che solo così avrebbe trovato una via d’uscita.

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Il professore ci ha spiegato che la dipendenza spesso inizia in modo silenzioso. Ci sono segnali importanti a cui prestare attenzione, come l’isolamento, il cambiamento improvviso dell’umore, la perdita di interesse per attività che prima davano piacere, o un bisogno ossessivo di utilizzare una certa sostanza o fare una certa attività. Riconoscere questi segnali è fondamentale per intervenire in tempo.

Una sera, spinto dalla rabbia e dal sospetto che qualcuno “manipolasse” la madre con la religione, si è presentato armato a un incontro di preghiera. Ma lì è accaduto qualcosa di inaspettato: nessuno lo ha giudicato. Anzi, ha visto nei volti dei presenti una luce e una serenità che lui non aveva mai conosciuto. Anche una ragazza disabile, sorridente, lo ha spiazzato: “Io ho tutto e non sorrido. Lei non ha nulla, e sorride. Perché?”

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Le dipendenze non colpiscono solo il corpo, ma anche la mente e i rapporti sociali. Portano a difficoltà scolastiche, problemi familiari, conflitti con gli amici e anche problemi legali. Ma la cosa più grave è la perdita della libertà personale: non siamo più noi a decidere, ma è la dipendenza a comandare le nostre scelte.

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“Si può cambiare. Non importa quanto sei caduto in basso, c’è sempre una via d’uscita.”

Da quel momento, Mirko ha cambiato vita. Ha ripreso a studiare, si è laureato in Scienze Religiose e Psicologia, e oggi gira l’Italia per raccontare la sua storia ai giovani. Non per fare la morale.

Quello che ci ha colpito di più è che le dipendenze non sono solo una questione di sostanze. Sono il sintomo di un malessere più profondo, spesso invisibile. Mirko ci ha fatto capire che nessuno è al sicuro, che tutti possiamo cadere, ma anche che tutti possiamo rialzarci.

Mirko Boletti è la prova vivente che nessuna storia è condannata a finire male, se c’è la volontà di cambiare, se si trova il coraggio di affrontare i propri fantasmi. La sua
testimonianza è stata per noi un invito a riflettere, a scegliere la vita, la libertà, e a non avere paura di chiedere aiuto.




Inaugurazione Aula Magna

In occasione dell’inaugurazione dell’Aula Magna, il 23 maggio 2025, si è svolta una conferenza sull’importanza del video nel raccontare l’impresa. Il prof. Masetti ha coinvolto i sottoscritti, Manuel Pitscheider e Davide Speranza, assieme a Mattia Cappa, Luca Carbone, Elia Garagna, Edoardo Contratti e un ex studente, Luca Venturini, laureato NABA, e allo staff di Mill’s (ente organizzatore) per curare e gestire la regia dell’evento e la preparazione della diretta.

Per organizzare al meglio la giornata, sono stati programmati diversi briefing per discutere la gestione e le sfide logistiche e la distribuzione dei ruoli.

Nei due giorni precedenti, ci siamo concentrati sull’allestimento dell’Aula Magna, provando le inquadrature, eseguendo test di trasmissione in diretta e testando la registrazione. Abbiamo lavorato per prevenire eventuali problemi tecnici, sfruttando al meglio le attrezzature a disposizione con soluzioni creative. Nonostante alcune difficoltà iniziali con la rete e la registrazione, il 22 maggio l’Aula Magna, attrezzata e funzionante, e la regia erano pronte.

La mattina del 23 maggio, ci siamo riuniti un’ora prima dell’inizio per gli ultimi preparativi, assicurandoci che tutto fosse perfettamente funzionante. L’evento si è svolto senza intoppi e, nonostante qualche difficoltà nel rispettare la scaletta prevista, la parte tecnica era impeccabile: dalla gestione luci e audio alla registrazione e streaming in diretta su YouTube.

Questa esperienza ci ha arricchiti molto: abbiamo imparato a lavorare meglio in team, a gestire il tempo e le risorse limitate in modo più efficiente e a risolvere i mille problemi tecnici che possono sorgere durante l’organizzazione di eventi di questo tipo. Abbiamo sperimentato in prima persona come applicazioni pratiche e non convenzionali siano estremamente formative, offrendo competenze che l’insegnamento tradizionale non sempre riesce a trasmettere. Inoltre, questa esperienza ci ha permesso di sentirci più connessi con la scuola, facendoci sentire protagonisti attivi di un evento importante e non solo semplici spettatori.

Crediamo fermamente che esperienze come questa siano fondamentali per lo sviluppo delle nostre competenze e pensiamo che gli studenti dovrebbero essere incentivati a parteciparvi, così come gli insegnanti e la scuola incentivati ad organizzarle. Rappresentano infatti un modo stimolante per apprendere sia le hard skills che le soft skills, attraverso un approccio che si discosta dalla tradizionale didattica accademica.

Manuel Pitscheider e Davide Speranza (5ª E)

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È intervenuto il dott. Giuseppe Pasini (presidente Feralpi Group, Lonato del Garda)

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(da sinistra) Franco Tamburini (Banca del Garda), Lodovico Camozzi (Camozzi SpA), Giuseppe Pasini (Feralpi), Simona Tironi (assessore all’istruzione, formazione e lavoro, Regione Lombardia)

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La nostra dirigente dott.ssa Tecla Gaio introduce il desk composto dalla dott.ssa Gabriella Pasotti (La Leonessa SpA, Carpenedolo), dott.ssa Simonetta Tebaldini (ds IIS Castelli, Brescia) e dott.ssa Stefania Battaglia (ds IISS Bazoli-Polo, Desenzano)

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La prof.ssa Miria Dal Zovo presenta gli studenti eccellenze protagonisti dei progetti sviluppati durante l’anno scolastico. Il video che segue racconta gli aspetti fondamentali e i passaggi che li hanno caratterizzati.




The Economy of Francesco Schoool

Una mattinata speciale ieri presso l’Istituto Luigi Bazoli – Marco Polo di Desenzano del Garda (BS), dove sono stati presentati i lavori di diverse classi di talento dell’IIS Cerebotani di Lonato del Garda, realizzati insieme all’instancabile Prof. Giovanni Quaini e legati a The Economy of Francesco.


The Economy of Francesco School

Partendo dalla bellissima mostra realizzata da Fra Felice Autieri sul tema “Economia Fraterna” – già allestita negli anni precedenti nel Chiostro del Sacro Convento di Assisi – è stato sviluppato un percorso stimolante negli ultimi anni che ha dato vita, tra le varie iniziative, anche a una pagina Reddit che illustra passaggi salienti della mostra, alla scoperta della relazione tra francescanesimo e sviluppo dell’economia.


Economia Fraterna - mostra

Non solo: è stato anche realizzato un video che, a partire da un software usato per videogiochi, consente un percorso virtuale nella mostra all’interno della Basilica di Assisi, ricostruita digitalmente.
Un lavoro straordinario che applica le competenze informatiche a una riflessione sulle sfide etiche dell’economia, a partire dall’esperienza di Francesco.


Percorso virtuale nella mostra

Sono grato di aver potuto intervenire sull’importanza di alcune domande “che contano”, legate al cambiamento di paradigma proposto da EoF, insieme a Maria Jordet, che ha illustrato EoF Academy e invitato gli studenti al Global Event di EoF previsto per fine novembre 2025.

A seguire, il fantastico talk di Giorgio Levoni sulla sua esperienza imprenditoriale e sul lavoro svolto con il Telefono Arancione: incontri che arricchiscono, informano, aprono orizzonti e dimostrano che una nuova economia “non è un’utopia, perché la stiamo già realizzando!”


Talk di Giorgio Levoni



La scuola: luogo di crescita o macchina di conformismo?

La scuola dovrebbe essere il luogo in cui impariamo a pensare, a conoscere noi stessi e a prepararci al mondo. Eppure, troppo spesso, succede l’esatto contrario. Ci si ritrova in un sistema che, invece di valorizzare le potenzialità di ciascuno, tende ad appiattirle, a standardizzarle, come se tutti fossimo uguali, come se tutti dovessimo pensare allo stesso modo. Ma siamo davvero sicuri che la scuola, così com’è oggi, ci stia educando o solo addestrando?

1. Il problema della forma mentisscuola

Sin da piccoli ci viene insegnato che esiste una sola risposta giusta, un solo metodo corretto, un solo modo per essere considerati “bravi”. Ma nella realtà non è così. I problemi della vita raramente hanno un’unica soluzione, e spesso è proprio la creatività, il pensiero critico e la capacità di uscire dagli schemi a fare la differenza. Eppure, la scuola ci abitua a quella opposta: evitare l’errore, non fare domande troppo scomode, non pensare troppo, ma eseguire. Questa mentalità si riflette anche nel modo in cui viviamo gli errori: come fallimenti personali anziché come strumenti fondamentali per crescere. Il risultato? Diventiamo timorosi, insicuri, incapaci di prendere iniziativa. E la paura di sbagliare ci accompagna anche fuori dall’aula.scuola

2. Il voto non è un’identità

Un altro nodo centrale è quello della valutazione. I voti dovrebbero aiutarci a capire come migliorare, ma spesso diventano un’etichetta. Se prendi 8 sei “intelligente”, se prendi 4 sei “scarso”. Ma il voto misura solo la performance in un momento specifico, non chi siamo né quanto valiamo. Purtroppo, però, molti ragazzi finiscono per identificarsi con quei numeri, perdendo fiducia in sé stessi o, al contrario, diventando arroganti e fragili di fronte ai primi fallimenti reali. Studi scientifici hanno dimostrato che lodare l’intelligenza peggiora la performance, mentre lodare l’impegno la migliora. Questo ci dice molto su come dovremmo interpretare i risultati scolastici: come frutto del lavoro, non di un presunto talento innato.

3. Materie scollegate dalla realtà

In un mondo che cambia velocemente, è inquietante pensare che si esca da tredici anni di scuola senza sapere come funziona il sistema fiscale, quali sono i propri diritti fondamentali, come orientarsi tra le nuove tecnologie, cosa vuol dire votare con consapevolezza. A scuola impariamo nozioni, spesso ripetute fino alla nausea, ma raramente strumenti. Si studiano pagine su pagine di storia antica, ma si esce senza saper spiegare l’attualità. Si memorizza la filosofia, ma non si impara a filosofare. Si risolvono equazioni, ma non si impara a gestire le emozioni, i rapporti, le scelte. Il rischio è quello di uscire “colti” ma confusi, preparati per l’interrogazione ma impreparati per la vita.scuola

4. L’insegnante: guida o ostacolo?

Ci sono insegnanti meravigliosi, capaci di accendere la curiosità e la voglia di imparare. Ma troppo spesso sono l’eccezione. Non basta conoscere bene una materia per saperla insegnare: servono empatia, passione, capacità di ascolto. Purtroppo, il sistema seleziona i docenti sulla base delle conoscenze, non delle competenze relazionali o didattiche. E la formazione pedagogica è spesso ridotta all’osso.

Il rischio è che un insegnante, magari senza rendersene conto, possa spegnere l’autostima di uno studente con una sola frase. Frasi come “non sei all’altezza” restano dentro. Modellano le nostre convinzioni su chi siamo. Possono farci mollare, oppure spingerci a ribellarci — ma sempre lasciando un segno.

5. E dopo? Il vuoto

Finita la scuola, molti studenti si sentono smarriti. Nessuno li ha preparati davvero al mondo che li aspetta. Nessuno ha spiegato come scegliere un’università o un lavoro. I pochi incontri di orientamento spesso sono superficiali e poco utili. Nessuno parla di tasse, contratti, lavoro autonomo. Nessuno spiega davvero “come si vive”. E allora si sceglie a caso, per sentito dire, o si resta fermi, pieni di ansie e dubbi.

Conclusione: la scuola non basta

La verità è che la scuola, così com’è oggi, non è sufficiente. Ci dà alcuni strumenti, ma non tutti. Ci insegna alcune nozioni, ma non ci insegna a vivere. E allora il compito più importante diventa nostro. Non possiamo aspettare che sia la scuola a renderci curiosi, appassionati, preparati. Dobbiamo farlo noi.

Non smettete mai di cercare. Di leggere, di domandarvi il perché delle cose, di costruire il vostro pensiero. La scuola può dare una base, ma non sarà mai tutto.




Grazie Francesco!

Papa Francesco è salito alla casa del Padre. Noi della Redazione, giovani pieni di Vita e di Valori, vogliamo ricordare questo grande pontefice, che ha saputo parlare a tutti, toccare gli ultimi e gridare al mondo, basta ingiustizie.
Grazie Francesco! Un discorso di questo papa straordinario:
“Puoi aver difetti, essere ansioso e vivere qualche volta irritato, ma non dimenticate che la tua vita è la più grande azienda al mondo. Solo tu puoi impedirle che vada in declino. In molti ti apprezzano, ti ammirano e ti amano. Mi piacerebbe che ricordassi che essere felice, non è avere un cielo senza tempeste, una strada senza incidenti stradali, lavoro senza fatica, relazioni senza delusioni.
Essere felici è trovare forza nel perdono, speranza nelle battaglie, sicurezza sul palcoscenico della paura, amore nei disaccordi.
Essere felici non è solo apprezzare il sorriso, ma anche riflettere sulla tristezza. Non è solo celebrare i successi, ma apprendere lezioni dai fallimenti. Non è solo sentirsi allegri con gli applausi, ma essere allegri nell’anonimato. Essere felici è riconoscere che vale la pena vivere la vita, nonostante tutte le sfide, incomprensioni e periodi di crisi. Essere felici non è una fatalità del destino, ma una conquista per coloro che sono in grado viaggiare dentro il proprio essere.
Essere felici è smettere di sentirsi vittima dei problemi e diventare attore della propria storia. È attraversare deserti fuori di sé, ma essere in grado di trovare un’oasi nei recessi della nostra anima.
È ringraziare Dio ogni mattina per il miracolo della vita. Essere felici non è avere paura dei propri sentimenti.
È saper parlare di sé.
È aver coraggio per ascoltare un “No”.
È sentirsi sicuri nel ricevere una critica, anche se ingiusta.
È baciare i figli, coccolare i genitori, vivere momenti poetici con gli amici, anche se ci feriscono.
Essere felici è lasciar vivere la creatura che vive in ognuno di noi, libera, gioiosa e semplice.
È aver la maturità per poter dire: “Mi sono sbagliato”.
È avere il coraggio di dire: “Perdonami”.
È avere la sensibilità per esprimere: “Ho bisogno di te”.
È avere la capacità di dire: “Ti amo”.
Che la tua vita diventi un giardino di opportunità per essere felice …
Che nelle tue primavere sii amante della gioia.
Che nei tuoi inverni sii amico della saggezza.
E che quando sbagli strada, inizi tutto daccapo.
Poiché così sarai più appassionato per la vita.
E scoprirai che essere felice non è avere una vita perfetta. Ma usare le lacrime per irrigare la tolleranza.
Utilizzare le perdite per affinare la pazienza.
Utilizzare gli errori per scolpire la serenità.
Utilizzare il dolore per lapidare il piacere.
Utilizzare gli ostacoli per aprire le finestre dell’intelligenza.
Non mollare mai ….
Non rinunciare mai alle persone che ami.
Non rinunciare mai alla felicità, poiché la vita è uno spettacolo incredibile!”
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