Come i ragazzi dell’istituto Cerebotani di Lonato hanno cominciato la scalata dell’imprenditorialità che vince

Quattro studenti, alle luci della ribalta, che mostrano una targa, il loro premio.

Quattro ragazzi della 4a JT che sono fieri dell’apprezzamento che ricevono e che condividono il loro orgoglio con quello di tutto il Cerebotani.

Sono fieri perché hanno vinto: hanno avuto infatti un’idea originale, quella di creare Airsafe, il purificatore d’aria portatile per un ambiente fresco e pulito che ti segue ovunque tu vada. Dall’intuizione alla discussione alla progettazione di un oggetto semplice, ma estremamente utile e alla portata di tutti.

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Sodalitas è l’ente che consegna il premio. È un’associazione che da trent’anni gira tra le scuole, promuovendo seminari dal titolo “La mia impresa, il mio futuro” per fare formazione, per spiegare ai ragazzi cosa è un’impresa, come funziona e qual è la strategia vincente per realizzarne una di successo. Punta soprattutto sulle start-up, alla ricerca degli inventori di domani, sulla creatività e sulla determinazione delle giovani generazioni. Manda imprenditori ed esperti del mercato per istruire, dialogare con i ragazzi, per stimolarli, incoraggiarli, sostenerli nelle loro idee. Poi propone laboratori pratici e i ragazzi hanno la possibilità così di passare dalla teoria alla pratica, di mettersi in gioco, di dire la propria.

Quest’anno, a. s. 2024/25, Sodalitas è approdata al Cerebotani di Lonato e, su iniziativa della prof.ssa Redaelli, la 4a JT ha aderito al progetto nell’ambito dell’Orientamento di Istituto. La classe è stata divisa in gruppi e ogni gruppo ha elaborato la sua start- up, la sua idea innovativa, con un occhio sull’utilità di quanto progettato e con l’altro sulla sostenibilità ambientale. Ma è stato il prodotto di Lorenzo, Cristian, Elia, William quello che ha convinto di più. Il loro Airsafe, il purificatore d’aria portatile dal design pratico e compatto, progettato in 3D.

Tra 2600 partecipanti, 472 progetti di impresa, 42 finalisti, Airsafe si è collocato tra i 25 premiati, unico in tutta la provincia di Brescia. Così, i nostri ragazzi sono andati a Varese, il 27 maggio, accompagnati dalla prof.ssa Redaelli, presso la Villa Napoleonica, a ritirare il loro meritato premio.

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“Come avete lavorato ragazzi? Vi siete trovati bene in gruppo o avete riscontrato qualche criticità?”- chiede il presentatore nella sua breve intervista ai vincitori.

La risposta è pronta, immediata.

“No, nessuna criticità, ci siamo trovati molto bene. Il progetto di Sodalitas è stato davvero piacevole e interessante e sicuramente sarà utile per il nostro futuro”.

Sorridono gli organizzatori, applaude tutta la platea.

Grazie, ragazzi. Ottimo lavoro, davvero.

Grazie da parte di tutto il Cerebotani.

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Il fu Mattia Pascal

Il 13 novembre 2024 la nostra classe, la 5F, insieme ad altre quinte, si è riunita a Brescia per assistere all’opera teatrale tratta dal celebre romanzo di Pirandello “Il fu Mattia Pascal”.
La trama racconta brevemente la storia di Mattia Pascal, che, insoddisfatto della sua vita, vince una grossa somma di denaro e decide di “morire” spiritualmente per costruirsi una nuova esistenza: scappa dal suo paese e assume una nuova identità, quella di Adriano Meis. Tuttavia, anche questa vita si rivela insoddisfacente, poiché non riesce a crearsi una vera identità a causa dei suoi continui ripensamenti del passato che voleva nascondere. Alla fine, decide di tornare alla sua “vecchia vita”, ma una volta tornato nel suo paese natale come Mattia Pascal, scopre che tutto è andato avanti senza di lui.

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Una delle cose che più mi ha colpito di questa esperienza è il modo in cui l’attore che interpretava Mattia Pascal è riuscito a coinvolgermi e a farmi seguire attentamente la rappresentazione. Per noi adolescenti, ormai abituati a film o serie tv piuttosto che al teatro, il linguaggio e l’uso delle parole, uniti all’enfasi che l’attore riusciva a trasmettere, sono stati straordinari. Questo ha saputo attirare l’attenzione e ha reso facile seguire l’opera per tutta la sua durata.
Un tema importante trattato nell’opera è quello della morte: il protagonista vuole “uccidere” la propria identità per crearne una nuova, convinto che ciò risolverà tutti i suoi problemi e gli permetterà di vivere serenamente, ma ciò non accade. Anzi, soprattutto nella versione teatrale che abbiamo visto, si nota quanto Adriano Meis soffra per non poter essere completamente sé stesso nemmeno con chi gli sta accanto, e ciò lo porta alla solitudine.

2Mi ha colpito particolarmente la scena finale, quando il protagonista torna a essere “Mattia Pascal” e va al cimitero davanti alla sua  tomba: in quel momento, l’uomo si rende conto di non essere più desiderato da nessuno, e capisce che il periodo trascorso come “Adriano Meis” è stato completamente inutile, sia per gli altri che per sé stesso.

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Open Arms

Il 6 marzo alcune classi dell’IIS Cerebotani di Lonato hanno fatto un’uscita didattica presso il cinema di Brescia per guardare il film “Open arms” e incontrarne gli esperti.

MA CHE COSA E’ OPEN ARMS?

Open Arms è un’organizzazione non governativa (ONG) spagnola fondata nel 2015, specializzata in operazioni di salvataggio in mare nel Mar Mediterraneo. Opera principalmente nel Mediterraneo centrale, soccorrendo persone in pericolo su imbarcazioni precarie, spesso partite dalle coste nordafricane (Libia, Tunisia)
dirette verso l’Europa. Navi di Open Arms sono state più volte respinte da porti europei (es. Italia e Malta), con accuse di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Notevole il caso del 2019, quando la nave rimase bloccata per 19 giorni a largo della Sicilia durante il governo Salvini. Open Arms rappresenta un simbolo della risposta civile alla crisi umanitaria nel Mediterraneo, bilanciando soccorso immediato e attivismo politico, nonostante le complesse polemiche geopolitiche.

IL FILM “OPEN ARMS”

2015, autunno. Òscar, comproprietario di una società di bagnini di Barcellona, resta sconvolto dalla foto di Alan Kurdi, il bambino siriano annegato nel Mediterraneo. Decide di partire subito per l’isola di Lesbo convincendo ad andare con lui anche il collega e amico Gerard che è da poco diventato padre. Arrivati sul posto, sono messi davanti alla dura realtà; ogni giorno migliaia di persone cercano di raggiungere terra con imbarcazioni di fortuna ma nessuno li aiuta davvero. Polizia e guardia costiera si rimbalzano le responsabilità e gli abitanti del luogo si mostrano indifferenti se non ostili. La presenza di Òscar e Gerard non è gradita. L’avvertimento è in una scritta (“Via gli stranieri”) sulla fiancata della loro Panda Rossa. C’è però qualcuno che è dalla loro parte come la proprietaria di un ristorante. Ad aiutarli nei soccorsi arrivano dalla Spagna anche Nico ed Esther, la figlia di Òscar, e al gruppo si uniscono anche un fotografo e un medico alla disperata ricerca della figlia scomparsa. Il fatto vero di cronaca ha il ritmo serrato a metà tra il western e l’action quando i protagonisti arrivano in una città ostile. La scena dal meccanico che gli ripete la cifra di 3000 euro sia per riparare l’auto sia per vendere lo spray diventa indicativa di come il luogo possa nascondere dietro la sua bellezza il suo lato sinistro. Da una parte è il luogo per i turisti con la ‘provocatoria’ immagine-cartolina del mare e la luna di notte. Dall’altra ci sono i salvagenti che galleggiano in mare e per terra e i trafficanti che buttano giù dai gommoni famiglie con madri e bambini.

Il film Open Arms si distingue per la sensibilità e la lucidità del regista Marcel Barrena nel raccontare la vicenda umana dei protagonisti, le loro difficoltà personali, familiari e il loro impegno eroico. La regia è semplice ma ambiziosa, con interpretazioni intense e una cura meticolosa in ogni dettaglio, dalle scene in mare fino alle ambientazioni. Anche se non è stato girato a Lesbo, il risultato è così realistico che non si nota.

Il fondatore di Open Arms, Òscar Camps, racconta che inizialmente era previsto di girare sull’isola, ma dopo che è trapelato il vero tema del film, sono arrivate minacce fasciste che hanno costretto la produzione a cambiare location per motivi di sicurezza. Le minacce, racconta, continuano ancora oggi, soprattutto online e in Spagna.

Camps ricorda anche con ironia l’esperienza vissuta con l’attore che lo interpretava, che lo seguiva da vicino per studiarne i gesti e la personalità. Inizialmente lo trovava inquietante, ma poi ha capito quanto fosse importante affidare la sua storia personale a mani competenti per far conoscere la causa per cui lotta ogni giorno. Anche a costo di sacrificare la propria privacy, crede sia giusto raccontare pubblicamente ciò che fanno.

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L’AUTORE

Marcel Barrena, nato nel 1981 a Barcellona (Catalogna, Spagna), è un regista, sceneggiatore, produttore e montatore spagnolo. Ha ottenuto il riconoscimento del Catalan Academy Award nel 2011 per il suo film d’esordio Cuatro estaciones ed è stato il primo regista a vincere due Premi Gaudí con due opere diverse (Cuatro estaciones e Little World). Dopo il successo del documentario Little World, ha diretto il suo primo lungometraggio di finzione, 100 metros (2016). Nel 2021 ha presentato Mediterraneo alla Festa del Cinema di Roma.

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DA DOVE È INIZIATA LA STORIA: IL RACCONTO DI OSCAR DELL’ELEFANTE:

Nel film Open Arms – La legge del mare, c’è una scena simbolica e molto toccante in cui Òscar cerca di raccontare una storia, quella dell’elefante incatenato. Questa storia ha un forte significato metaforico e rappresenta il punto di partenza emotivo e filosofico del film, oltre a riflettere il cuore della sua missione.

La storia che Òscar tenta di raccontare è una parabola spesso attribuita allo scrittore Jorge Bucay. Parla di un elefante cresciuto in cattività, legato fin da piccolo a un palo con una catena. Da piccolo, l’elefante prova a liberarsi, ma non ci riesce perché non ha abbastanza forza. Col tempo, smette di provarci: interiorizza l’idea di non poter fuggire. Anche da adulto, ormai forte e perfettamente in grado di spezzare la catena, l’elefante non ci prova più. Crede ancora di essere impotente, perché ha imparato a esserlo. Oscar vuole trasmettere un messaggio profondo sulla rassegnazione e sull’illusione dei limiti.

OPEN ARMS: PERSONE, NON NUMERI

Il film Open Arms si apre con la tragica immagine del piccolo Alan Kurdi, che all’epoca commosse il mondo intero. Oggi, però, immagini simili non suscitano più lo stesso impatto, perché ci stiamo abituando alla sofferenza.

Il regista Marcel Barrena riflette su questa assuefazione, spiegando che viviamo in un’epoca dominata dalla velocità e dalla superficialità dell’informazione. Le notizie si susseguono rapidamente, senza il tempo di approfondire o comprendere.

Secondo Barrena, l’errore che ha cambiato tutto nel caso di Alan Kurdi è stato dargli un nome: così facendo, non era più solo un numero tra tanti morti, ma un bambino con una storia. Questo ha reso la tragedia concreta e umana.

Barrena auspica che si commettano “più errori” di questo tipo: dare un volto e un nome alle vittime per restituire loro dignità, suscitare empatia e spingere le persone ad interessarsi e ad agire. Solo così si può evitare di restare indifferenti di fronte alla sofferenza.

LA PARABOLA DEI CIECHI E DELL’ELEFANTE:

Quella dell’elefante e dei ciechi, ricordata nel film, è una parabola molto diffusa nel subcontinente indiano, da cui ha origine. Si narra la storia di alcuni ciechi che non hanno mai avuto modo di entrare in contatto con un elefante, cosicché, toccandolo a turno, cercano di fare la sua esperienza confrontandosi tra di loro. Ciascuno pone la mano su una porzione delimitata e diversa del corpo dell’elefante, quindi lo descrive sulla base delle sensazioni provate. Il risultato è che ogni cieco offre una rappresentazione diversa da quella degli altri.
L’insegnamento è che gli uomini sono inclini a reclamare la verità assoluta limitandosi alle loro esperienze soggettive e circoscritte, senza prendere in considerazione il fatto che il punto di vista degli altri possa essere ugualmente vero.
La prima versione della storia la possiamo trovare nel testo buddista “Udana 6.4”, risalente alla metà del primo millennio a. C., ma secondo alcuni studiosi la parabola è probabilmente più antica del testo buddista. Esistono versioni alternative della parabola: per esempio, in una di queste non sono protagonisti dei ciechi ma dei vedenti, bendati, che tentano di descrivere una grande statua calata in un contesto di buio fitto. Pur nelle sue difformi versioni, questa parabola ha attraversato molte tradizioni religiose e si trova come parte integrante dei testi giainisti, indù e buddisti del primo millennio d. C., o addirittura precedenti.

File source: http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Selznick_Kimball_Young.jpg

Significato della parabola nel film:

La parabola dei ciechi e dell’elefante ci insegna che ogni persona ha una visione parziale della realtà, influenzata dalla propria esperienza e dai propri limiti. I ciechi, toccando ciascuno una parte diversa dell’elefante, arrivano a conclusioni differenti, credendo ognuno di avere la verità assoluta. Tuttavia, nessuno riesce a cogliere l’interezza dell’elefante, proprio perché si affida solo alla propria percezione parziale.

Nel film, questa parabola viene usata per spiegare la difficoltà di comprendere pienamente la complessità umana e le tragedie vissute dai migranti. Oscar, che opera in mare per salvare vite umane, è testimone diretto di drammi che molti, lontani dalla realtà del Mediterraneo, non vedono o non vogliono vedere.

Oscar è come colui che ha visto tutto l’elefante, mentre tanti altri vedono solo un pezzo. Lui ha vissuto sulla sua pelle la disperazione dei migranti, la morte in mare, l’umanità dietro ogni singola persona che cerca salvezza. Quindi, quando afferma “Tanti non capiscono e tanti altri non possono capire”, intende dire che:

  • Ci sono persone che non vogliono capire, per ignoranza, indifferenza o pregiudizio.
  • E ci sono persone che non possono capire, perché non hanno mai vissuto o visto da vicino quella realtà, proprio come i ciechi della parabola.

Il messaggio che emerge è che nessuno può avere una visione completa del mondo senza ascoltare le esperienze degli altri. Solo attraverso l’empatia, il dialogo e la disponibilità a mettersi nei panni altrui, possiamo avvicinarci a una comprensione più autentica della realtà.
Oscar, con la sua testimonianza, ci invita a guardare oltre il nostro punto di vista e a considerare che, se non vediamo il dolore degli altri, non significa che quel dolore non esista.

Òscar, all’inizio del film, cerca di raccontare questa storia a sua figlia e a un gruppo di bambini. Ma si interrompe. Le parole gli si inceppano in gola, e non riesce a finirla. Non è solo la difficoltà di spiegare ai più piccoli una realtà così dura, ma anche l’inizio del suo personale risveglio: si rende conto che lui stesso, come l’elefante, ha accettato una realtà ingiusta senza opporsi. Questo è il punto di svolta: l’inizio del suo viaggio per non accettare più di non poter cambiare le cose.

Il tempo in “Open Arms – La legge del mare”

Il film “Open Arms – La legge del mare” presenta un ritmo serrato che riflette l’urgenza delle operazioni di salvataggio in mare. Le sequenze drammatiche utilizzano un montaggio dinamico, alternando primi piani dei migranti in preda al panico, inquadrature della nave tra le onde e momenti di tensione tra l’equipaggio. La narrazione si concentra su un arco temporale ristretto, enfatizzando la pressione sull’equipaggio e la lotta contro il tempo per salvare vite.

Le metafore del tempo includono:

  • L’orologio che scorre: simboleggia la finitezza delle risorse e la morte che incombe.
  • Il mare come spazio senza tempo: le acque del Mediterraneo rappresentano un eterno conflitto tra speranza e disperazione.
  • Il dilemma in crescendo vede il tempo come elemento chiave per costruire la tensione morale, con rischi crescenti per i migranti e pressioni sull’equipaggio. La sospensione temporale trasmette l’attesa angosciante dei sopravvissuti e dell’equipaggio, bloccati in un limbo giuridico mentre i governi europei discutono se accoglierli.
  • Il tempo è centrale nel film per il suo realismo, riflettendo la realtà delle missioni di salvataggio, e per la critica sociale, denunciando l’ipocrisia delle istituzioni attraverso il contrasto tra il tempo umanitario e il tempo politico. Il tempo non è solo una questione tecnica, ma un personaggio narrativo che plasma le emozioni dello spettatore e sottolinea il messaggio etico del film.

L’IMPORTANZA DI FARE SQUADRA

L’importanza di fare squadra emerge chiaramente come elemento fondamentale per affrontare situazioni complesse e drammatiche. Questo valore viene rappresentato non solo nelle azioni concrete di soccorso, ma anche nel modo in cui i personaggi si sostengono a vicenda, superando i propri limiti personali per un obiettivo comune più grande.

Un momento particolarmente significativo è la scena in macchina, dove Oscar, perso nei suoi pensieri e con lo sguardo fisso nel vuoto, sembra sopraffatto dal peso delle difficoltà e delle sofferenze che ha visto. In quel silenzio carico di tensione interiore, l’improvviso ritorno della figlia lo riporta alla realtà, ricordandogli che, nonostante le sue lotte personali, esistono questioni molto più grandi — come la salvezza di vite umane in mare — che superano di gran lunga i problemi individuali.

Questa scena sottolinea come, per Oscar e per tutti coloro che fanno parte della squadra di Open Arms, la forza e la determinazione derivino dalla consapevolezza che il loro impegno non è solo personale, ma collettivo. Fare squadra significa mettere da parte le proprie paure e difficoltà per agire uniti verso un obiettivo comune, più alto e urgente. È proprio questa solidarietà e collaborazione che permette loro di andare avanti, affrontare l’ignoto e salvare vite, dimostrando che, a volte, le responsabilità più grandi richiedono di superare le proprie battaglie personali per sostenere un bene superiore.

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La squadra non è solo un’organizzazione, è una famiglia:
 Il ritorno improvviso della figlia di Òscar, nel momento in cui lui sembra sopraffatto, è il simbolo più umano e profondo: ci sono questioni più grandi dei nostri drammi personali, e proprio per questo non dobbiamo affrontarle da soli.

A far riferimento a questa scena è stato il nostro prof. Domenico Marchione insegnante di IRC all’ITIS Cerebotani. Lui ci fa riflettere facendoci ragionare su questa scena dove durante le riprese finali del film si vede il protagonista inquadrato a guardare la telecamera.

Il prof. Marchione nel suo intervento ci fa notare questo squardo di Oscar che con gli occhi ci dice tutto e in realtà Oscar sta guardando proprio noi chiedendoci un opinione.

Tramite i suoi occhi, Oscar ci trasmette un invito a non chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie, ma a diventare parte di quella “squadra” di cui Oscar parla, impegnandoci concretamente per un mondo più umano e solidale.

Oscar non è più solo un personaggio di un film, ma diventa quasi un testimone della realtà che ci interpella personalmente. Il suo sguardo ci sfida a riflettere sul nostro ruolo di fronte alle tragedie che vediamo o ignoriamo, come quella dei migranti in mare. È come se ci stesse chiedendo:

“E tu cosa fai? Cosa faresti se fossi nei miei panni? Hai il coraggio di agire, di fare la differenza? Hai il coraggio di non fermarti di fronte ad un ostacolo?”

 

 

 

 




Uscita cinematografica a Brescia

Una mattina di marzo, alle otto, ci siamo trovati alla stazione di Desenzano. L’aria era ancora fresca, le voci leggere, ma nei nostri occhi si leggeva l’entusiasmo per un giorno diverso dal solito. Stavamo per prendere il treno verso Brescia, destinazione: cinema. Una semplice uscita scolastica, all’apparenza. Ma si è rivelata molto di più. Il tempo passato in treno è stato breve ma prezioso. Ridere con i compagni, condividere battute, guardare fuori dal finestrino e sentirsi parte di qualcosa. Un gruppo che cresce insieme, non solo dentro le mura della scuola. Arrivati al cinema, ci siamo immersi nel buio della sala per assistere alla proiezione del film Open Arms – La legge del mare. Fin dai primi minuti, ci siamo trovati davanti a una realtà dura, cruda, a tratti sconvolgente. La storia del salvataggio dei migranti nel Mediterraneo ci ha colpiti profondamente. Abbiamo visto il coraggio di chi rischia tutto per salvare vite, ma anche l’indifferenza e le difficoltà imposte dalla burocrazia e dalla politica. È stato impossibile restare indifferenti. Il film ci ha fatto riflettere sul valore della solidarietà, sull’importanza di non voltarsi dall’altra parte. Abbiamo provato empatia, rabbia, tristezza, ma anche ammirazione per chi, come il protagonista, sceglie di agire secondo coscienza.

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Questa uscita ci ha dato molto più di un semplice momento di svago. Ci ha fatto crescere. Ci ha mostrato quanto sia importante guardare oltre il nostro piccolo mondo, aprirci agli altri, non giudicare, ma cercare di capire. Tornando a casa, il silenzio sul treno era diverso da quello dell’andata. Era pieno di pensieri, di emozioni. Forse anche di domande. Ma soprattutto, era pieno di consapevolezza. E di gratitudine per aver vissuto un’esperienza che ci ha lasciato qualcosa dentro, che ci ha unito un po’ di più come classe e come persone.

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Vivere in sicurezza

Nella mattinata di venerdì 6 giugno 2025, gli studenti delle classi 3A-MEC, 3B-MEC, 3D- AUT e 3H-INF, presso l’Aula Magna del nostro Istituto, hanno partecipato all’incontro Vivere in sicurezza, promosso dal Dipartimento di IRC (Religione Cattolica), nell’ambito del percorso di Educazione Civica e di Orientamento/PCTO.

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L’obiettivo dell’incontro è stato di sensibilizzare gli studenti sui mezzi, sui materiali, le organizzazioni votate alla sicurezza ed al primo soccorso. Le classi coinvolte, giovedì 6 marzo 2025, avevano assistito al film Open Arms. La legge del mare (Cinema “Nuovo Eden”, Brescia), e sentito la testimonianza di alcuni volontari italiani legati all’ONG Mediterranea Saving Humans. La classe 3A-MEC ha presentato diversi progetti: un modellino di un drone, progettato e costruito da alcuni studenti della classe, per il soccorso in situazioni catastrofiche; un video “fatto in casa” su come equipaggiarsi correttamente quando si usa la moto o si fa motocross; un video sui cani cinofili ed il loro intervento in caso di pericolo. Inoltre la 3D-AUT ha spiegato nei dettagli l’uso dei droni, la loro componentistica, specificatamente, per il soccorso in mare.7

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Successivamente la 3B-MEC ha presentato un piccolo defibrillatore, realizzato dagli stessi studenti a scuola. Infine la 3H-INF ha rielaborato tutta l’esperienza fatta in quella importante giornata a Brescia attraverso alcune presentazioni multimediali dove, partendo da Tommaso, è stata raccontata una riflessione che dura ormai da alcuni mesi con la classe ed ha portato ad un continuo approfondimento, come si è visto nelle narrazioni della “vera” storia di Open Arms da parte di Tijana ed Alessandro; Lorenzo invece ha fatto un parallelo molto interessante con la sua esperienza estiva a Lampedusa ed il docufilm Cutro, Calabria, Italia (Calabria Film Commission, 2024), mentre Davide ha concluso parlando della prematura scomparsa di Seba, un nostro studente deceduto in autunno per le conseguenze di un tragico incidente in moto, ricordandoci che non dobbiamo mai essere indifferenti davanti alla morte, soprattutto non dobbiamo dimenticare che tra le centinaia di cadaveri recuperati in mare, o sulle nostre spiagge, ci sono anche tanti giovani che cercano un futuro migliore, proprio come noi.

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Si è percepito in tutti un desiderio comune di vivere Responsabilmente, verso se stessi e verso gli altri e di prendere la vita come una Missione, capace di avere uno sguardo e una mano rivolta a chi si trova nel bisogno. Tutti, durante l’incontro, hanno riscontrato interesse e partecipazione, con la viva speranza che in futuro si realizzino “Progetti scolastici” finalizzati alla formazione pratica e culturale dei nostri ragazzi verso il sociale (ad es. nella Protezione Civile).

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Premiazioni “Volo tra le righe” a.s. 2024/2025

È diventata ormai una buona consuetudine, che dura da ben nove edizioni, la partecipazione del nostro Istituto al concorso letterario “Il volo tra le righe”.

La gara, indetta dalla biblioteca di Castiglione delle Stiviere, premia giovani lettrici e giovani lettori allo scopo di promuovere la lettura tra i ragazzi tra i 14 e i 19 anni.

Si tratta di un concorso che si è evoluto nel tempo e che attualmente prevede cinque categorie espressive: il disegno, l’elaborato scritto, il podcast, la playlist e il booktrailer, con un montepremi in buoni acquisto di Euro 1000.

Gli studenti del Cerebotani anche quest’anno hanno fatto incetta di premi, vincendo ben tre delle cinque categorie in concorso, per un totale di 600 euro. I vincitori sono Nicola Togni e Davide Leonesio (3ª B – indirizzo meccanico) per la categoria del disegno; Oscar Panizzon (5ª DI – indirizzo informatico) per la categoria dell’elaborato scritto; Luciano Duceac e Jacopo Scharrer (5ª DI – indirizzo informatico) per la categoria della playlist.

Alla cerimonia di premiazione svoltasi venerdì 30 maggio presso la sala conferenze della Biblioteca di Castiglione delle Stiviere, era presente anche la nostra dirigente scolastica dott.ssa Tecla Gaio che si è complimentata per l’ottimo lavoro svolto dagli studenti del nostro Istituto e ha ribadito l’importanza della lettura nella formazione dei giovani, anche negli indirizzi degli Istituti tecnici. La lettura, infatti, non solo arricchisce le capacità lessicali e di scrittura, ma stimola il pensiero critico e le competenze in ogni ambito professionale.

Prof.ssa Miria Dal Zovo

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Dal buio alla luce: la testimonianza di Mirko Boletti e la nostra riflessione sulle dipendenze

L’incontro in Aula Magna con Mirko Boletti non è stato un semplice evento scolastico. È stato un pugno allo stomaco, un momento vero, forte, capace di scuotere le coscienze. Ci ha raccontato la sua esperienza diretta con il mondo delle dipendenze, partendo dal suo vissuto di dolore, rabbia e autodistruzione fino ad arrivare a una rinascita sorprendente.

Mirko ci ha raccontato la sua infanzia difficile: un padre assente, infedele e pieno di debiti, una madre che lottava per tenere in piedi la famiglia. Dentro di lui cresceva un vuoto, un rancore verso Dio e verso il mondo. Questo lo ha portato a diventare un bullo, a cercare nel potere, nell’alcol e nella droga una via di fuga dal dolore. Ha iniziato anche a spacciare, a compiere rapine, convinto che solo così avrebbe trovato una via d’uscita.

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Il professore ci ha spiegato che la dipendenza spesso inizia in modo silenzioso. Ci sono segnali importanti a cui prestare attenzione, come l’isolamento, il cambiamento improvviso dell’umore, la perdita di interesse per attività che prima davano piacere, o un bisogno ossessivo di utilizzare una certa sostanza o fare una certa attività. Riconoscere questi segnali è fondamentale per intervenire in tempo.

Una sera, spinto dalla rabbia e dal sospetto che qualcuno “manipolasse” la madre con la religione, si è presentato armato a un incontro di preghiera. Ma lì è accaduto qualcosa di inaspettato: nessuno lo ha giudicato. Anzi, ha visto nei volti dei presenti una luce e una serenità che lui non aveva mai conosciuto. Anche una ragazza disabile, sorridente, lo ha spiazzato: “Io ho tutto e non sorrido. Lei non ha nulla, e sorride. Perché?”

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Le dipendenze non colpiscono solo il corpo, ma anche la mente e i rapporti sociali. Portano a difficoltà scolastiche, problemi familiari, conflitti con gli amici e anche problemi legali. Ma la cosa più grave è la perdita della libertà personale: non siamo più noi a decidere, ma è la dipendenza a comandare le nostre scelte.

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“Si può cambiare. Non importa quanto sei caduto in basso, c’è sempre una via d’uscita.”

Da quel momento, Mirko ha cambiato vita. Ha ripreso a studiare, si è laureato in Scienze Religiose e Psicologia, e oggi gira l’Italia per raccontare la sua storia ai giovani. Non per fare la morale.

Quello che ci ha colpito di più è che le dipendenze non sono solo una questione di sostanze. Sono il sintomo di un malessere più profondo, spesso invisibile. Mirko ci ha fatto capire che nessuno è al sicuro, che tutti possiamo cadere, ma anche che tutti possiamo rialzarci.

Mirko Boletti è la prova vivente che nessuna storia è condannata a finire male, se c’è la volontà di cambiare, se si trova il coraggio di affrontare i propri fantasmi. La sua
testimonianza è stata per noi un invito a riflettere, a scegliere la vita, la libertà, e a non avere paura di chiedere aiuto.




The Economy of Francesco Schoool

Una mattinata speciale ieri, presso l’Istituto Luigi Bazoli – Marco Polo di Desenzano del Garda (BS), dove sono stati presentati i lavori di diverse classi (di talento!) dell’IIS Cerebotani di Lonato del Garda, realizzati insieme all’instancabile Prof. Giovanni Quaini, e legati a The Economy of Francesco.The Economy of Francesco Schoool
Partendo dalla bellissima mostra realizzata da Fra Felice Autieri sul tema “Economia Fraterna” – già allestita negli anni precedenti nel Chiostro del Sacro Convento di Assisi – è stato sviluppato un percorso stimolante negli ultimi anni che ha dato vita, tra varie iniziative, a una pagina Reddit che illustra passaggi salienti della mostra, alla scoperta della relazione tra francescanesimo e sviluppo dell’economia.The Economy of Francesco Schoool
Non solo: è stato anche realizzato un video che, a partire da un software utilizzato per videogiochi, consente un percorso virtuale nella mostra all’interno della Basilica di Assisi, ricostruita digitalmente. Un lavoro fantastico di applicazione delle competenze informatiche all’attività di riflessione sulle sfide etiche dell’economia, a partire dall’esperienza di Francesco!The Economy of Francesco Schoool
Sono grato di poter essere intervenuto un intervento sull’importanza di alcune domande “che contano”, legate al cambiamento di paradigma proposto da EoF, insieme a Maria Jordet, che ha illustrato EoF Academy e invitato gli studenti al Global Event di EoF previsto per fine novembre 2025.
A seguire, il fantastico talk di Giorgio Levoni sulla sua esperienza imprenditoriale e sul lavoro svolto con il Telefono Arancione: incontri che arricchiscono, informano, aprono orizzonti e dimostrano che una nuova economia “non è un’utopia, perché la stiamo già realizzando!”The Economy of Francesco Schoool



Tra Natura e Spiritualità: Un Viaggio Indimenticabile

La nostra recente gita scolastica, organizzata per le classi 4E, 4I e 4L, è stata un’esperienza indimenticabile, ricca di momenti educativi e riflessivi. Ecco un resoconto della giornata.

Passeggiata nella natura

Il viaggio è iniziato di buon mattino, con entusiasmo e curiosità da parte di tutti. La prima tappa è stata un parco eolico, un luogo dove tecnologia e natura si incontrano in armonia. Qui abbiamo visitato la prima pala eolica, un’imponente struttura che ci ha lasciato a bocca aperta. Durante la visita, ci è stata illustrata la realizzazione del parco e le caratteristiche tecniche delle pale, sottolineando l’importanza delle energie rinnovabili per il futuro del nostro pianeta.

Dopo una passeggiata immersi nella natura, siamo arrivati alla seconda pala eolica. Qui si è tenuta una discussione approfondita sull’impatto ambientale del parco e sulla collaborazione tra il comune e AGSM, l’azienda che ha realizzato l’impianto. Questo momento di confronto ci ha permesso di riflettere su come sia possibile coniugare sviluppo tecnologico e tutela dell’ambiente.

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La Madonna della Corona: l’ambiente

La mattinata si è conclusa con un momento di relax, seguito dal ritorno al pullman. Ci siamo poi diretti verso un centro commerciale, dove abbiamo avuto una pausa pranzo. Alcuni di noi hanno scelto di mangiare al McDonald’s, altri al KFC, godendoci un po’ di svago prima della seconda parte della giornata.

Nel pomeriggio, abbiamo raggiunto la Madonna della Corona, un luogo suggestivo e spiritualmente intenso. La discesa lungo la Via Crucis, con le sue statue che rappresentano le stazioni, è stata un’esperienza emozionante e riflessiva. Successivamente, abbiamo visitato una gru antica, un esempio di ingegneria tradizionale, prima di proseguire lungo le scale che ci hanno condotti al santuario.

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La Madonna della Corona: il Santuario

La visita al Santuario della Madonna della Corona è stata il culmine della giornata. Qui, una guida ci ha raccontato la storia del luogo e l’importanza che riveste per i pellegrini. L’atmosfera era solenne e ci ha permesso di apprezzare il valore spirituale e storico di questo sito unico.

Infine, siamo tornati al pullman per il viaggio di ritorno, stanchi ma arricchiti da un’esperienza che ha saputo coniugare apprendimento, riflessione e divertimento. Una giornata che rimarrà nei nostri ricordi e che ci ha insegnato molto, non solo sui luoghi visitati, ma anche su noi stessi e sul mondo che ci circonda.

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Giacomo Gamberi 4E

 

 




Thomas Ròse La magia di credere in se stessi

Ci sono libri che vengono letti per poi essere dimenticati. E altri che invece ci aprono gli occhi, ci costringono a fermarci, a pensare e ci cambiano la vita.

Questa è la storia di un ragazzo, Thomas, che dopo aver rischiato di perdere tutto ciò che aveva imparato nell’adolescenza, naufragato nel mondo del web, si rende conto di non riuscire più a decidere con la propria testa. Un giorno, tra i suoi vecchi libri di scuola, trova  un opuscolo del suo Professore e da quel momento comincia la sua rivincita.

Thomas Ròse La magia di credere in se stessi, scritto da Mauro Fornasari in collaborazione con il prof. Domenico Marchione, apre la mente e ci orienta verso nuovi orizzonti.

Scritto per educare i ragazzi a cercare il proprio IO e non perdersi dietro lo schermo di un dispositivo, ma anche per gli educatori, che possono trovare spunto per i loro insegnamenti.

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